Venezia, venne sospesa da scuola dopo i post razzisti. Morta a 65 anni la professoressa Pontini
L’ex docente era stata sospesa dall’insegnamento al liceo Marco Polo per alcune frasi su Facebook contro migranti e musulmani
MARTICO
L'ex professoressa Fiorenza Pontini
Morta all’età di 65 anni Fiorenza Pontini, ex professoressa del liceo Marco Polo sospesa nel 2017 per alcuni suoi post pubblicati sulla pagina personale di facebook. A dare la notizia della scomparsa della professoressa provocata da una lunga malattia sono i figli, la sorella e il cognato. I funerali si terranno nella chiesa di San Geremia il prossimo mercoledì, 7 giugno, alle ore 11.
Dopo aver concluso la sua esperienza come insegnante, nel corso degli anni aveva svolto l’incarico di impiegata amministrativa presso il Provveditorato agli studi. Era quindi rimasta nel settore dell’educazione, rompendo tuttavia i rapporti con il mondo dell’insegnamento dal quale era stata allontanata non senza polemiche e sofferenze.
La professoressa Pontini aveva vissuto molto male il suo allontanamento dalla cattedra. Dopo qualche anno con incarichi amministrativi, era in pensione già da tempo.
La sua carriera da insegnante di inglese all’interno del liceo classico Marco Polo era stata interrotta nel 2016 a seguito dello scoppio del caso che la vedeva coinvolta per alcuni suoi post pubblicati su Facebook nella sua pagina personale con frasi estreme contro migranti e musulmani.
Lo scoppio del caso, finito anche sulle cronache nazionali e televisive, aveva portato a un provvedimento di licenziamento nei suoi confronti, poi impugnato e mutato in sospensione dall’insegnamento con successivo reintegro presso gli uffici amministrativi del Provveditorato. In parallelo, difesa dall’avvocato Renato Alberini, ne era scaturita una vicenda giudiziaria in sede penale conclusasi nel marzo di quest’anno con la sentenza della Cassazione che aveva respinto il ricorso dell’imputata contro i sette mesi di reclusione (pena sospesa) per il reato continuato di incitamento e provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi.
Un illecito che secondo i giudici si configura solo per le offese ai fedeli islamici, non per quelle ai migranti sopravvissuti ai naufragi. Nel ricorso, la linea difensiva dei suoi avvocati aveva provato a dimostrare che quei post pubblicati su Facebook fossero nient’altro che una manifestazione di pensiero slegata da qualsiasi azione violenza o istigatrice. Tesi respinta però dalla Cassazione.
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