Affitti, a Venezia patto proprietari-albergatori: «Insieme per una legge più giusta»
Il disegno di legge presentato dal ministro Santanchè ha, a sorpresa, unito i due fronti da sempre contrapposti. «Cancellare i troppi obblighi, le multe e la norma che consente al Comune di legiferare»
Maria Ducoli, Vera Mantengoli
Venezia invasa dai turisti (foto Interpress)
Patto tra le due realtà della ricezione turistica finora ai lati opposti della barricata. Da una parte l’Associazione degli Albergatori Veneziani (Ava), dall’altra l’Associazione Bre-Ve, che riunisce i proprietari degli appartamenti che si occupano delle affittanze brevi. Quello che finora non era riuscito a nessuno l’ha fatto il disegno di legge del ministro Santanchè.
Bozza che non ha soddisfatto nessuna delle due parti che hanno pensato di aprire un dialogo per poter trovare soluzioni alternative e migliorie alle proposte già esistenti. Le due associazioni ritengono che gli operatori del turismo di Venezia debbano affrontare con una voce sola una delle questioni vitali per il futuro della città e chiedono, innanzitutto, la cancellazione della norma che prevede la possibilità per il solo Comune di Venezia di un regolamento sugli affitti brevi.
«Il disegno di legge sul quale la ministra del Turismo sta lavorando» dicono Olimpia Scappini, Presidente di Bre-Ve, e Maurizio Papa, Vicepresidente Nazionale Federalberghi Extra, «è un’occasione fondamentale per mettere ordine in un sistema che, soprattutto durante e dopo la pandemia, ha subito forti oscillazioni e creato anche forti preoccupazioni a chi vive di ospitalità».
In particolare, Ava e Bre-Ve sono concordi nel chiedere un superamento delle impostazioni punitive «dove il presupposto sembra essere sempre quello che chi si affida alla locazione breve del proprio immobile agisca illegalmente», commenta la portavoce di Bre-Ve Elena Fiorani, che già l’indomani della pubblicazione della proposta di legge aveva sottolineato come la contrapposizione tra strutture alberghiere e locazioni brevi non esista, avendo clientele completamente diverse. «Ribadiamo ancora», continua, «che non esiste correlazione tra lo spopolamento dei centri storici e la locazione breve».
L’associazione ha anche ricordato che chi si affaccia alle porte dei loro appartamenti non lo fa solo per turismo, «ma anche per lavoro, per motivi di visite mediche, di formazione o altro». Così, nell’ottica di migliorare la legge che andrà a regolamentare i soggiorni brevi, albergatori e proprietari si siederanno allo stesso tavolo per sbrogliare i nodi di quello che a Venezia è un tema fortemente sentito.

Claudio Venier
«Serve una gestione dei flussi, proposta non più rinviabile»
Oggi è il primo ponte, che di fatto segnala l’inizio della stagione estiva, ma per Claudio Vernier, presidente dell’associazione dei commercianti di Piazza San Marco, il fatto che non si siano presi provvedimenti concreti per regolamentare i flussi, potrebbe creare alla lunga un danno alla città.
Come si aspettava che iniziasse l’estate del 2023?
«Speravamo cominciasse la gestione dei flussi turistici, come si era detto più volte. Sarà una stagione di grande ripresa, con presenze probabilmente superiori alla pre-pandemia. Mi sembra non si sia capita l’importanza di tutelare residenti e turisti e questo di fatto impedisce alla città di rilanciarsi come luogo in cui risiedere. Ne risentirà la qualità della vita e dell’esperienza che il turista potrebbe vivere».
La Piazza è il simbolo della città. Come la trova?
«Grazie al regolamento del 2019 che monitora le attività che si possono aprire, voluto dall’associazione insieme all’amministrazione, la Piazza si sta rilanciando con molte aperture di grande qualità. Tuttavia, chi vive e lavora da tanti anni a Venezia soffre perché è testimone del decadimento della qualità della vita che rimane molto alta rispetto ad altre città italiane. Venezia continua a dare tantissimo, ma è un dato di fatto che la mancanza di gestione dei flussi si ripercuote sia sulla qualità dell’esperienza del turista che sulla qualità di vita dei cittadini che già devono affrontare i problemi di lavoro e residenzialità».
Quali sono delle misure che secondo lei si potrebbero prendere per migliorare la Piazza?
«Oltre agli interventi a difesa dalle acque alte e alla sua conservazione architettonica, la Piazza va difesa da abusivismo e delinquenza. Facciamo segnalazioni quotidiane su abusivi, borseggiatori, scatolettisti e sul problema delle immondizie perché sappiamo quanto siano negativi all’immagine della città, senza dimenticare che abbiamo chiesto più volte che si intervenga sulla cartellonistica. I primi a soffrirne sono proprio le piccole attività artigiane che dovrebbero essere tutelate».
Cosa si potrebbe fare per la gestione dei flussi?
«È urgente mettere una soglia e inserire al più presto la prenotazione per chi vuole venire a Venezia chiedendo una cifra, poniamo 10 euro, da non considerare come un costo fine a sé stesso, ma come un anticipo dei servizi che verranno utilizzati e che poi saranno quindi scalati. In quest’ottica non ha senso non chiedere questa somma anche a chi risiede a Mestre che dovrebbe comunque prenotarsi e versare la differenza dalla tassa di soggiorno. Al momento della prenotazione verrebbe dato un codice univoco, pena una multa. Il ricavato delle multe potrebbe essere dedicato a progetti a favore della tutela e della salvaguardia del patrimonio del centro storico. Sarebbe, inoltre, ora che Venezia si fornisse di una card di servizi, come avviene in tantissime città europee, comprensiva di trasporto pubblico, musei civici, bagni e sconti e anche attraverso convenzioni con privati. L’idea è chiedere un anticipo sui servizi di cui si potrà usufruire durante la visita a Venezia e, sopra a un certo numero di visitatori, sconsigliare l’arrivo, aumentando in modo sensibile la cifra richiesta, nell’auspicio che questo scoraggi le persone e le invogli a frequentare Venezia anche in altri periodi».
Il turismo è cambiato dopo la pandemia?
«Venezia continua a essere meta ambita da tutto il mondo, ma subito dopo il Covid abbiamo visto meno persone, ma più di qualità perché visitare una città senza la calca di gente è un guadagno per tutti, sia per chi la visita che per chi ci abita, ma soprattutto per la città stessa che è meno stressata ed è più accogliente».
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«Io e la mia famiglia arrotondiamo. è giusto far aprire la Partita Iva»

Il sestiere Santa Croce
Siamo noi il capro espiatorio, sia per quanto riguarda il turismo di massa che per lo spopolamento della città. Ma sono due cose che non hanno a che fare con le locazioni brevi, la politica deve assumersi le sue responsabilità».
A parlare è Giovanni (che preferisce non rivelare il cognome, ndr), imprenditore veneziano che dal 2017 ha reso parte della propria abitazione a Santa Croce una locazione turistica. Dei 150 metri quadri totali, 70 sono a disposizione degli ospiti, con due camere matrimoniali e una singola.
Giovanni, che in centro storico è tornato a vivere dopo un periodo all’estero, si sente preso di mira, un bersaglio nella caccia delle responsabilità per la diminuzione dei residenti sull’isola. Non si sente colpevole. Per lui, poter affittare parte della sua abitazione significa arrotondare lo stipendio. «Nessuno si chiede come ci sentiamo noi che lavoriamo in questo settore. Siamo sempre più incompresi: veniamo guardati con disprezzo al supermercato o per strada», racconta, sottolineando come la proposta di legge della ministra Santanchè non faccia di certo dormire sonni tranquilli a chi, come lui, di turismo ci vive.
«È ingiusto che qualcuno mi venga a dire per quanto tempo e quando posso ospitare le persone a casa mia», commenta riferendosi al soggiorno minimo di due notti, contenuto nella bozza. Rispetto all’obbligo della Partita Iva, invece, è d’accordo con Federalberghi, che sulla Nuova Venezia ha definito la mancata introduzione di quest’onere anche per i proprietari di case a destinazione turistica come «una dimenticanza importante». «Credo», continua Giovanni, «che non si dovrebbe solo considerare il numero di appartamenti in gestione – come avviene ora – ma anche il giro di guadagni. Puoi averne anche solo uno, ma se è il tuo lavoro principale allora è giusto che tu lo faccia da imprenditore». Lui, infatti, ha aperto la Partita Iva fin da subito, «mi sembrava corretto», spiega. Il 40% degli introiti vanno in imposte e tasse, «giusto pagarle».
Nonostante i prezzi siano variabili e tutto dipenda dall’anticipo con cui è stata fatta la prenotazione, dal numero di persone e da eventuali sconti, il costo di una notte presso la sua abitazione non scende sotto i 120 euro. «Dovrebbe essere il minimo per qualsiasi struttura ricettiva. Mi si stringe il cuore quando vedo offerte bassissime, non si dovrebbe svendere Venezia».
Per Giovanni non bisognerebbe nemmeno addossare al turismo tutte le colpe delle difficoltà legate alla residenzialità in centro storico. «Sul fronte politico non si è fatto nulla in passato e non si sta facendo nulla nemmeno oggi. Certo, è più facile trovare un colpevole piuttosto che rimboccarsi le maniche e pensare a politiche innovative, che possano essere risolutive. Sicuramente è più facile voler mettere la tassa per chi viene in giornata o aggiungere nuove tasse per chi ospita, è più facile insomma cercare di fare cassa», commenta amareggiato. Non può non esserlo, perché ama il suo lavoro. «È molto gratificante e sono felice che i miei bambini crescano a contatto con persone di altre nazionalità. Ai nostri ospiti cerchiamo di parlare della città anche in modo critico, raccontando loro quali siano le difficoltà della vita, la sentiamo come una responsabilità».
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