Subappalti Fincantieri. La strana storia di Donadio e delle false fatture
Nuova udienza per il presunto “boss” di Eraclea, accusato d’aver fornito note spese fasulle a una ditta, per evadere il Fisco
Roberta De Rossi
Luciano Donadio e Angelo Di Corrado
Neppure il tempo di sapere se il Tribunale di Venezia lo ritenga o meno un capomafia (la sentenza per il processo ai “Casalesi di Eraclea” è attesa per la prossima settimana), che per Luciano Donadio già si prospetta un nuovo processo: quello che avrà inizio il 19 settembre, nato da uno dei tanti filoni d’inchiesta attorno al mondo dei subappalti in Fincantieri.
Al centro del nuovo processo, false fratture per centinaia di migliaia di euro per lavori mai eseguiti, emesse per frodare il fisco da diverse ditte - secondo l’accusa mossa dal pubblico ministero Giorgio Gava - a favore della coop Gold Bengol.
A beneficiarne, il legale rappresentante Kamruzzaman Bhuiyan Atm (lui sì accusato anche di sfruttamento della manodopera degli operai stranieri costretti a sopportare paghe da fame, pur di avere un permesso di soggiorno), che però è irreperibile (probabilmente è tornato in Bagladesh) e quindi non sarà possibile processarlo: in base alle nuove norme della legge Cartabia, se dovesse essere trovato entro il 31 dicembre 2047, ripartirà il processo nei suoi confronti. La Procura accusa l’imprenditore bengalese di evasione fiscale, per aver detratto al Fisco quasi 320 mila euro di spese, in realtà mai effettuate, grazie a un giro di false fatture: 22 in tutto.
Ed è qui che entra in campo - con altri imputati coinvolti anche nel processo Eraclea, in un intreccio tra mondi solo in apparenza lontani- anche Luciano Donadio, chiamato a rispondere per 7 fatture per un totale di 83.340 euro.
Ci sono le quattro emesse a nome della New Industrial Service della quale Donadio è accusato di essere stato coamministratore di fatto, prima insieme al legale rappresentante Girolamo Arena (collaboratore di giustizia nel processo ai “casalesi” condannato a 5 anni e 4 mesi con rito abbreviato, in questo ha ottenuto di poter patteggiare la pena), poi insieme al nuovo legale rappresentante Franco Breda (anche lui rinviato a giudizio).
Infine le tre fatture «a fronte di operazioni inesistenti» - come contesta il pm Gava - emesse a nome di un’altra società della galassia Donadio, la Plus Service, della quale era legale rappresentante Bernardino Notarfrancesco (anche lui sarà a processo, difeso dall’avvocato Simone Boscolo). La tesi degli avvocati difensori di Donadio, gli avvocati Alberini e Gentilini, è che al presunto “boss” sia stato addebitato un ruolo che non aveva nelle società. Parola al Tribunale.
A giudizio anche i tributaristi Angelo e Bruno Di Corrado - anche loro tra gli imputati al processo “Casalesi” e che hanno contribuito alle indagini, in tutte le inchieste da Eraclea allo sfruttamento in Fincantieri - insieme alla loro ex segretaria Sara Dolo (difesi dagli avvocati Stefania Pattarello, Ermes Mozzato, Luca Pietramala, Marco Marcelli). Anche i Di Corrado sono accusati di aver emesso una serie di false fatture, come co-amministratori di fatto della Ideal Resine. Stessa accusa per Graziano Rossato, della Bl Arredi (residente a Mirano, avvocato Bolognesi).
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