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Zahra in Iran non poteva più fare dragon boat: «A Venezia ho ripreso fino alla vittoria»

Zahra Ghahtani, una delle campionesse di Ca’ Foscari nella Lion Cup: «Dell’Italia mi piacciono la parità di genere e la cucina»

maria ducoli
2 minuti di lettura
Zahra Ghahtani, iraniana, è una delle campionesse di Ca’ Foscari nella Lion Cup 

Le trecce lunghe, color della pece. In mano il timone, lo sguardo concentrato e il sorriso della vittoria. Zahra Ghahtani, studentessa cafoscarina del corso di laurea magistrale in Scienze del linguaggio, era al timone del dragon boat della squadra di Ca’ Foscari e Iuav che ha portato a casa la vittoria della Lion Cup, la regata delle università.

Iraniana, nata e cresciuta a Bushehr, nel sud del Paese, Zahra sognava la libertà, l’Europa, i diritti. Quelli che nel suo paese non aveva più, in quanto donna.

«Ho fatto dragon boat per oltre quattro anni insieme a mia sorella, ma nell’ultimo periodo le ragazze non potevano più partecipare alle competizioni» spiega. Quella che racconta è una storia di perseveranza e passione, di bottigliette contenenti sabbia colorata sui banchetti del mercato e dell’hijab nero da indossare all’università di Bushehr.

In Iran, sul muro sopra la scrivania aveva appeso un planisfero illuminato da una fila di lucine come tanti desideri ancora da realizzare. Con una laurea triennale in letteratura inglese in tasca, gli occhi di Gahtani si sono posati sull’Italia e l’indice ha superato stati e confini fino a toccare Venezia.

«Mi piaceva l’idea che ci fosse l’acqua, il mare, come a casa mia». Infatti Bushehr è il principale porto del paese, con 625 chilometri di frontiera marina. «In Iran potevo studiare, ma non avrei mai trovato un lavoro» spiega raccontando come anche ottenere il visto per l’Italia sia stata un’impresa.

A casa, la ragazza giocava a basket e softball. I capelli raccolti e nascosti dal velo nero, un cappellino colorato per proteggersi dal sole, le foto pubblicate sui social la ritraggono sorridente sul campo. Non solo giocava, ma allenava anche. Nel 2019 aveva fatto da arbitra al primo torneo junior di softball della città di Jam.

Nelle foto, Zahra è attorniata da due squadre di bambine di otto, forse nove anni. Le tute rosa e rosse, esattamente le stesse di tutte le altre piccole sportive del mondo, ma con un hijab ad incorniciare il loro viso. E il pensiero di Zahra corre proprio a loro, alle bimbe spensierate che correvano sui campi da gioco e che non possono più sognare di competere.

La partita ora è un’altra e si gioca sul fronte dei diritti. «Le ragazze e le donne iraniane sono coraggiose perché stanno lottando contro il governo per la loro libertà, che è la cosa più importante di tutte». Non ha dubbi su cosa preferisca dell’Italia: «la parità di genere, la gentilezza e la cucina».

Domani non sa dove sarà, se in Italia, all’estero o in Iran, «dipenderà anche da cosa succede in politica» spiega. Intanto, l’anno prossimo andrà in Erasmus in Francia e tra i suoi sogni c’è un dottorato in glottodidattica. E la libertà per le donne del suo Paese.

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