Troppi codici bianchi, scontro tra Cgil e Usl: a Mestre attese di otto ore al Pronto soccorso
Il sindacato all’attacco: «Tempi troppo lunghi, i servizi vanno potenziati». L’azienda: «Le criticità sono monitorate»
Alberto Sanavia
Il Pronto soccorso dell'Angelo è preso regolarmente d'assedio
Lunghi tempi d’attesa e troppi codici bianchi: la Cgil chiede all’Usl 3 di potenziare i servizi extra ospedalieri. Secondo i dati elaborati dal sindacato, ad oggi il 47% degli utenti si reca al pronto soccorso per codici bianchi, ossia per quelle prestazioni che la Cgil ritiene «potenzialmente improprie nei nostri pronto soccorso».
Nel 2021 i codici bianchi sono stati dal 42, 5% a Chioggia fino al 53% a Mestre. «I pronto soccorso sono intasati», dicono Daniele Giordano, Daniele Tronco e Marco Busato della Cgil Venezia, «ma per prestazioni che dovrebbero trovare risposta fuori dall’ospedale, perché sono prestazioni sanitarie che non sono riconosciute come “urgenti” e dovrebbero essere risolte dal medico di medicina generale, dal medico di continuità assistenziale o presso poliambulatori sul territorio». Nel territorio dell’Usl 3, dal 2020 al 2022 vi è stato un boom di accessi in Pronto soccorso. Mestre è passata dai quasi 66 mila a 85 mila, Venezia ha aumentato di 10 mila unità in due anni (35 mila nel 2022). Trend simili anche per Dolo (da 26 mila a 39 mila), Mirano (da 33 mila a 40 mila) e Chioggia (da quasi 20 mila a 28 mila).
Ambulatori da codice bianco
«La stessa Regione ha previsto, presso i Pronto soccorso, l’attivazione degli ambulatori dei codici bianchi», continua la Cgil, «anche attraverso l’acquisto di prestazioni sia dei medici che degli infermieri, per cercare di dare risposte ai cittadini che nel territorio non le trovano. Anche l’istituzione del triage infermieristico che ha determinato ulteriore carico di lavoro con personale dedicato dimostra che il problema non è la classificazione nei diversi codici, ma la possibilità di rispondere al numero altissimo di persone che si recano nelle strutture. In particolare la popolazione anziana più di altre fasce di età risulta costretta ad utilizzare queste strutture per i propri bisogni di salute.
«Chiediamo di ascoltare le richieste sindacali in merito all’organizzazione dei servizi e ai carichi di lavoro. Serve un’azione congiunta per risolvere i problemi parlando di cose reali, di difficoltà serie che determinano la sfiducia dei cittadini verso il sistema sanitario pubblico che rischia una crisi senza ritorno». Tale afflusso si riflette anche sui tempi di presa in carico e di uscita: si va dalle 5 ore e 19 minuti di Chioggia alle 7 ore e 47 minuti di Mestre.
«I tempi di presenza nelle strutture sono in grande prevalenza di attesa di accedere alle prestazioni», continua la Cgil, «in strutture non sempre adeguate come quella dell’Angelo che non ha dimensioni sufficienti ad accogliere i pazienti in attesa. Il sistema delle cooperative nei pronto soccorso è fallimentare e la direzione dell’Usl 3 farebbe bene a prenderne atto. La Regione dovrebbe avviare una campagna di sensibilizzazione e procedere senza più rinvii e scuse all’attivazione delle strutture nel territorio. La carenza di personale è evidente».
La risposta della Usl
«Lungi dal raccontare che tutto funziona, per prima e da anni l’azienda sanitaria segnala come la pressione sui pronto soccorso sia in costante crescita e sia provocata in buona parte da accessi impropri. E però agisce con gli strumenti che le sono consentiti per legge. È una bella favola sostenere che esistano soluzioni semplici ad un problema complessissimo. Le criticità che il sindacato sottolinea sono monitorate e analizzate da sempre. Stupisce che sia l’azienda sanitaria, e non il sindacato, a difendere pubblicamente il lavoro faticoso e la gigantesca dedizione degli operatori sanitari per venire incontro alle richieste, pur spesso improprie, di chi si reca in pronto soccorso».
Ecco la pronta replica della Usl 3 Serenissima. «Due cose non può fare di certo un’azienda sanitaria: non può mandare via chi viene in pronto soccorso con un qualsiasi problema sanitario, anche se dovrà farlo attendere, e non può far lavorare ancora di più i medici e gli infermieri. Da qui il ricorso a operatori sanitari “esterni” senza i quali – lo sa Cgil che da anni non si trovano medici da assumere? – i Pronto soccorso chiuderebbero. Questo è quanto è possibile fare, mentre si sta realizzando quella sanità territoriale a cui il sistema sanitario regionale lavora da tempo e che non si costruisce certo con la bacchetta magica di un comunicato stampa del sabato pomeriggio». Rispetto ai dati «siamo tornati ai livelli pre Covid, non è che sta saltando il sistema territoriale», scrivono. «I dati attuali e i tempi di attesa che abbiamo fornito, non ancora perfetti ma molto migliorati negli ultimi tempi».
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