Si droga davanti al portone di casa a Mestre, ragazza minacciata con un martello
L’esasperazione dei residenti e il dramma dei tossicodipendenti. Preo (via Piave): «In tanti non ce la fanno più»
Francesco Furlan
Dice che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Che per questo ha deciso di scrivere al sindaco Luigi Brugnaro, con la consapevolezza che «il conflitto può essere generativo e propositivo». Lei è Sofia Dabalà, operatrice sociale di trent’anni che dopo un’esperienza di alcuni anni al Comune di Bologna con i senzatetto, ha deciso di tornare a Mestre, prendendo casa nei pressi di via Piave.
Oggi lavora in una casa di riposo di Marghera, il suo occhio sulla città resta quello di un’operatrice. La goccia che ha fatto traboccare il vaso risale a sabato 25 marzo pomeriggio.
Il racconto
«Mi sono affacciata al balcone e ho visto un uomo con un martello che minacciava una ragazza», racconta Sofia Dabalà, «che aveva appena fatto uso di droga e sono scesa a vedere che costa stava capitando».
«Chiedo a quest’uomo perché dovesse accanirsi in quel modo, e soprattutto perché doverlo fare brandendo un martello e mi ritrovo investita di insulti, mi dice che lei non doveva stare lì, che doveva “farlo da qualche altra parte” e che io mi dovevo fare da parte», si legge nella lettera dell’operatrice, «e mi invita con aria di sfida a portarla a casa mia se proprio volevo».
Così ha fatto Sofia Dabalà, per cercare di dare un po’ di conforto alla ragazza terrorizzata. È una storia in cui sembrano tutti perdere, ma che può essere l’occasione per aprire una riflessione.
«Le minacce dell’uomo con il martello non sono assolutamente giustificabili», racconta Sofia Dabalà, «ma è vero che in questo quartiere ci sono cittadini che sono arrivati all’esasperazione, perché escono di casa e si trovano le persone che fanno uso di droga davanti al portone d’ingresso».
Il conflitto sociale
Un conflitto sociale che si sta facendo sempre più pericoloso. Qualche avvisaglia c’era stata anche nelle scorse settimane. Ricordate la storia del ragazzo con la stampella preso a pugni dallo spacciatore perché non aveva i soldi per pagare la dose che aveva appena acquistato? In quell’occasione, quando arrivarono i poliziotti e gli operatori del Suem, in molti si lamentarono così: «Perché dobbiamo spendere i nostri soldi per curare queste persone qui?».
All’aggressione aveva assistito anche Fabrizio Preo, del gruppo di via Piave: «Il clima è effettivamente di esasperazione, ci sono persone che non ce la fanno più».
Anche per chiedere più interventi sul fronte del sociale sono scese in strada 5 mila persone, nelle scorse settimane, al grido di “Riprendiamoci la città”. Ancora Sofia Dabalà, nella sua lettera: «Il consumo si mescola con lo spaccio, i piccoli furti e tutto quello che accade in contesti come questo, e il rischio di conflitto sociale è fortissimo, per questo ho deciso di scrivere al sindaco sottoponendogli, speriamo mi risponda».
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