L’impresa dei veneziani Bovolenta e Calderan: 600 km nel più grande deserto di sabbia del mondo
Alberto Bovolenta, 38 anni, maestro di tennis di Musile, e l’esploratore portogruarese Max Calderan hanno affrontato il Rub al-Khali nella penisola araba: «Eravamo insieme, ma al tempo stesso da soli davanti al deserto»
Giovanni Monforte
Sono stati i primi civili a percorrere, almeno in parte, la Calderan Line, il tragitto disegnato tre anni fa dall’esploratore Max Calderan all’interno del Rub al-Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo, nella Penisola araba.
Protagonisti della spedizione una decina di avventurosi viaggiatori italiani, tra cui Alberto Bovolenta, 38enne residente a Musile, originario di Eraclea e maestro di tennis a Noventa. Ad accompagnarli è stato proprio l’esploratore portogruarese Max Calderan.
Bovolenta è un grande appassionato di viaggi. Ha già visitato mezzo mondo, dalla Namibia alla Lapponia, dal Botswana al Rio delle Amazzoni. Ma anche per lui questa spedizione nel Rub al-Khali è stata l’esperienza più estrema, in un posto dove mai nessuno, tranne Calderan, si era spinto.
«Seguivo Max su Facebook perché ho la passione per i viaggi d’avventura e avevo ammirato la sua impresa», racconta Bovolenta. «Un giorno ho letto un post in cui annunciava che c’era la possibilità, per un numero ristretto di persone, di intraprendere la stessa avventura. Ho provato a scrivere all’email, anche se dubitavo mi chiamassero. Invece così è stato. Ho dovuto confermare più volte la mia volontà. Ho sostenuto un colloquio con Max che verteva sull’aspetto fisico, ma soprattutto sulla mente. Il concetto è che devi sentirti tranquillo nel saperti con migliaia di chilometri di sabbia intorno, senza contatti, sapendo che, se accadesse qualcosa, sarebbe un problema venirti a salvare. Max voleva capire le mie motivazioni. Poter andare in un posto così particolare, essere il primo a farlo tra i civili, per me era una specie di sfida».
Il viaggio è durato una decina di giorni, di cui otto nel deserto. Sbarcato a Riyad, il gruppetto si è inoltrato in jeep per un migliaio di chilometri all’interno dell’Arabia Saudita, fino a raggiungere il percorso della Calderan Line nel punto centrale, che poi è anche il centro geografico del Rub al-Khali.
Da lì gli avventurieri hanno ripercorso il tratto più difficile della Calderan Line, verso nordest. Un tragitto di circa 600 km, sul totale di 1.100 km dell’intero percorso. L’itinerario è stato percorso a piedi e parte in jeep, in media di un centinaio di chilometri al giorno. La carovana era composta anche da alcune guide locali, con al seguito quattro auto, due pickup modificati e un camion a sei coppie di ruote motrici, caricato con 5 mila litri di acqua, 4 mila di gasolio e benzina e provviste per circa tre mesi, tra agnello, riso, farina per fare il pane beduino e altri viveri.
«Max ci ha fatto da guida. Abbiamo fatto anche delle esplorazioni notturne e ci ha insegnato a orientarci con le stelle», spiega Alberto Bovolenta.
Quanto a condizioni climatiche, gli esploratori italiani sono stati abbastanza fortunati. In media le escursioni giornaliere in quel deserto sono di circa 30 gradi. Ma una decina di giorni prima del viaggio erano cadute alcune gocce di pioggia. Evento raro, perché in quelle zone possono trascorrere anche anni senza pioggia. Questa piccola precipitazione ha reso le condizioni meteo meno estreme, con circa 22 gradi di giorno e 3-4 di notte. Poi verso la zona più profonda del deserto si sono toccati i 30 gradi di giorno e 7-8 gradi di minima. Tutto sommato, una situazione sopportabile, considerato che d’estate si raggiungono anche i 60 gradi.
La spedizione era stata programmata per lo scorso anno, poi il Covid l’ha fatta rinviare. Un’attesa che ha finito per esaltare gli aspetti mentali dell’impresa. Senza dimenticare la fatica del cammino.
«Max ha puntato molto su quest’aspetto mentale», analizza Bovolenta, «Eravamo tutti insieme, ma poi ognuno era anche da solo con il deserto. Ognuno di noi aveva una storia particolare, una sfida con se stesso. Spesso durante il giorno ci trovavamo a camminare da soli, anche a chilometri di distanza l’uno dall’altro. Quindi è stato un viaggio molto introspettivo e solitario, anche se poi in jeep eravamo tutti insieme».
Tra un mese Bovolenta partirà per l’Islanda dove farà da guida a un gruppo di viaggiatori, a settembre andrà nella Polinesia francese. Ma il sogno è visitare l’isola di Pitcairn, dove arrivarono gli ammutinati del Bounty.
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