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Bufera Pd, crescono a Venezia le proteste contro i paracadutati da Roma

Un vecchio militante: «I nomi dei candidati alle elezioni li decidono i capipopolo senza più popolo»

Alberto Vitucci
2 minuti di lettura
Il deputato uscente Nicola Pellicani e l’ex sindaco Massimo Cacciari 

VENEZIA. Il Pd divorato dalle correnti. Il nuovo corso del Partito democratico scatena polemiche e delusioni. Lo zoccolo duro del partito fatica a convincersi nel nome della fedeltà storica. «Come si fa a votarli?» ha detto il filosofo Massimo Cacciari in un’intervista a questo giornale. E la valanga non si ferma. Succede che le correnti si sono ridotte a luoghi dove qualche sconosciuto funzionario decide da Roma i nominati e i destini del territorio. Tutto il contrario del federalismo e della “partecipazione”. Le correnti c’erano anche con il vecchio Pci. I riformisti, gli occhettiani, la sinistra interna. «Ma erano luoghi dove si confrontavano le visioni strategiche, le diverse idee, dove si faceva politica», sbotta un anziano militante, «e chi era candidato i voti doveva conquistarseli. Adesso invece i nomi li decidono i capipopolo senza più popolo. Se sei nel cerchietto magico ti va bene. Se no, puoi anche avere riscritto la Costituzione, vai a casa».

Delusione e rabbia tra gli esclusi Pd nel Veneziano. Nicola Pellicani, molto attivo negli ultimi mesi sul fronte della difesa di Venezia, di correnti non ne ha. «Nella notte dei lunghi coltelli nessuno ha preso il coltello per difendermi» avrebbe confidato a un amico. Niente corrente, niente padrini. E niente candidatura. Simile ma diversa la storia di Andrea Ferrazzi. Senatore uscente di area ex Dc, la sua corrente è quella riformista degli ex renziani. Per loro la logica dei numeri ha emesso il verdetto, anche grazie al taglio dei parlamentari votato qualche anno fa: 40 parlamentari uscenti, solo 16 posti. A casa. Indignazione e solidarietà che continuano ad arrivare. Perché dopo tanti anni Venezia rischia di non avere un parlamentare. Potrebbe farcela il solo Andrea Martella, veneziano di Portogruaro e nuovo segretario regionale del partito.

Nato veltroniano, poi renziano e franceschiniano, adesso in quota alla corrente di Andrea Orlando. Ha deciso lui da segretario regionale, insieme ai romani chi doveva essere candidato. Così Piero Fassino, nome storico del Pci che però si porta dietro la pesante sconfitta a Torino contro la sindaca Appendino, potrebbe essere il deputato “veneziano”. Sempre attento al territorio, vicino a Massimo Cacciari e a Gianni Pellicani di cui aveva pronunciato l’orazione funebre. Adesso corre per sé. Nomi decisi al centro, grazie a una legge elettorale vergognosa, che non piace a nessuno ma che nessuno cambia. I parlamentari non sono più eletti in base alle preferenze (abolite) e nemmeno al consenso. Ma nominati e sicuri o quasi di farcela solo se messi nei collegi giusti. A decidere le sorti dei veneziani ci sono un manipolo di colonnelli e assistenti dei “big”.

Le correnti decidono anche la spartizione. Così il legame con il territorio si spezza. Il merito non conta più nulla, conta soltanto la vicinanza ai “capipopolo senza popolo”. Brutta aria sul centrosinistra perché i delusi aumentano. Chissà se basterà la paura della destra che avanza per convincerli a non andarsene.

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