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Fuga da Venezia: «Ogni mese in 180 migrano altrove». In calo anche tutte le isole, ecco i dati

I numeri di chi si trasferisce sono superiori ai nuovi arrivi. Secchi (Venessia.com): «No al conteggio dei domiciliati». Tiene invece l’hinterland di Mestre, che in sei mesi ha perso “solo” 97 residenti. Anche Chioggia e Sottomarina non sfuggono al calo demografico

E.P.
9 minuti di lettura
L’incontro di ieri mattina in campo Santi Apostoli. In foto Matteo Secchi e Marco Borghi FOTO INTERPRESS 

VENEZIA. Si dice che il saldo naturale sia la causa principale dello spopolamento. E in effetti, non si può dire che i nuovi nati (236 nel 2021 nella città d’acqua, altri 106 nell’estuario) riescano a rimpiazzare le persone decedute (837 nella città storica lo scorso anno, altri 453 nell’estuario).

Il fenomeno del resto colpisce l’Italia intera, Venezia non fa eccezione. E però la parte del leone, parola dell’ex consigliere comunale Renzo Scarpa, la fa il saldo migratorio.

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E cioè quanti decidono di andare a vivere fuori dalla laguna (spostandosi sia all’interno del Comune che fuori) rispetto a quanti invece in città si trasferiscono. È qui che servono interventi: «Perdiamo in media 180 persone al mese, sommando gli emigrati agli emigrati interni. Ed è su questo, ora, che deve concentrarsi la politica cittadina: ridurre questa emorragia».

Con il turismo che impazza, la città che riparte, i lavori della Mostra che proseguono a spron battuto in vista dell’inizio, a tenere banco in questo caldo agosto lagunare è ancora il crollo demografico. La discesa sotto soglia dei 50 mila residenti, psicologica o reale che sia, continua a stimolare riflessioni, proposte, dibattito. Venessia.com, associazione che da anni tiene quotidianamente il termometro del numero di residenti, ieri ha organizzato un incontro pubblico in campo Santi Apostoli. Bandiere con il numero 49.999 in bella mostra e il via vai frenetico della Strada Nuova alle spalle.

«Nessuna amministrazione è riuscita a trovare soluzioni negli ultimi decenni», così il portavoce Matteo Secchi, «conteggiare i domiciliati? Non sono d’accordo, è gente che non abita qui. A mezzanotte io sono nel mio letto a dormire, il domiciliato no. Rende viva la città ma non crea una comunità come chi vive qui 24 ore su 24».

Presente anche il consigliere di opposizione Marco Gasparinetti (Terra e Acqua) che avanza anche qualche proposta per invertire un trend che, secondo lui, racconta dati ancor peggiori rispetto a quelli ottenuti dal portale dei servizi del Comune aggiornati al giorno precedente.

«Venezia vive grazie a 90 mila persone, suddivise tra chi vive nella città storica, altri 30 mila pendolari che vengono quotidianamente a lavorarci e 30 mila residenti nelle isole. Dovremo riconoscere che qui il costo della vita è tale che alcune categorie non ce la fanno a sopravvivere. A questo uniamoci che in alcuni settori, tribunali ed ospedali ad esempio, c’è carenza di personale. Ma chi ci viene? Ecco perché bisognerebbe prevedere un’indennità per chi viene qui. La modifica alla Costituzione, a tutela della specificità insulare, è già stata fatta. Da settembre, la politica dovrà dare risposte».

Così come risposte, dalla ripresa delle attività consiliari, dovranno arrivare a proposito del regolamento sui limiti alle affittanze turistiche oltre che alla disciplina del contributo d’accesso che scatterà a partire dal prossimo gennaio. Insomma, i problemi da affrontare, in città, non mancano.

«E vanno risolti, se non si vuole creare sempre maggior disinteresse tra la popolazione», aggiunge Marco Borghi, presidente di Municipalità di Venezia, anche lui ieri presente all’incontro di Venessia.com, «quella dei 50 mila è una cifra che fa male, testimonia almeno 40 annidi inerzia. Servono interventi extra. E poi dobbiamo iniziare a considerare anche gli invisibili, come ad esempio gli studenti che sono parte integrante della città».

Un esempio plastico delle difficoltà di oggi rispetto al passato lo fornisce, durante l’incontro, Luca Partesotti, trapiantato a Venezia da ormai 40 anni insieme alla moglie. «Siamo riusciti a spostare la nostra vita qui, all’epoca, grazie all’aiuto della legge speciale.

Ma ora? Durante la pandemia ci guardavamo intorno, la città era deserta. Stanno proliferando le osterie, abbiamo dovuto prendere finestre di casa insonorizzate». Per Stefano Boato, invece, fondamentale è limitare la possibilità dei cambi d’uso e di mettere uno stop alle locazioni turistiche. Il tema del turismo torna ricorrente, come del resto le iniziative negli ultimi anni (tra marce e manifestazioni pubbliche) per chiedere misure a favore dei residenti.

Tra gli organizzatori anche il Gruppo 25 Aprile, che ieri era presente con Aline Cendon: «Non è nella nostra natura celebrare funerali, né rassegnarci allo spopolamento di Venezia», le sue parole, «ora dobbiamo partire da cose semplici: ad esempio, asili nido comunali gratuiti per i residenti con gli avanzi di bilancio. E poi è fondamentale non perdere i giovani dopo la fine del percorso di studi»  

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Calano anche tutte le isole ma i tassi sono dimezzati

Carella: «Limitazioni negli spostamenti e nelle opportunità le cause del crollo». Tiene invece l’hinterland di Mestre, che in sei mesi ha perso “solo” 97 residenti

Chiamatelo, se volete, l’effetto laguna. Venezia e i suoi sestieri, Giudecca compresa, si spopola al ritmo di 2,4 abitanti al giorno. Le isole, invece, si spopolano anch’esse ma a ritmi inferiori. E cioè, in percentuale, ad un tasso dimezzato. Segno che evidentemente - al netto del tasso di nati rispetto ai decessi - nell’estuario i numeri di chi decide di spostarsi altrove sono inferiori rispetto a quelli dei sestieri. Senza contare che a tenere, sostanzialmente, è anche l’intero hinterland di Mestre: dal 2011 ad oggi qui si sono persi “solo” circa 4 mila residenti, contro i 9 mila della città storica.

L’ANDAMENTO NELLE ISOLE

Il quadro della Venezia insulare, pur in un generale calo demografico , racconta di un andamento in lenta, ma non ripida, discesa. Prendiamo il Lido, ad esempio, l’isola più popolosa. Nel 2011, gli abitanti erano 17.249 mentre in base agli ultimi dati disponibili oggi siamo a 15.996, pari a un calo circa del 7%.

Nello stesso periodo, la città storica è passata da 58.991 a 49.989 (ultimi dati disponibili di ieri): un calo circa del 15%. La situazione è la stessa anche per Burano e Mazzorbo: negli ultimi dieci anni sono stati persi circa 600 residenti. Pellestrina è passata invece dai 5289 cittadini nel 1981 a un progressivo calo che l’ha portata ad avere nel 2021 3.557 abitanti. Oggi sono invece 3.523. Analizzando la terraferma, invece, dal 31 dicembre ad oggi si sono persi “appena” 97 residenti. Nello stesso periodo, invece, Venezia ne ha persi 445.

«DISTANZE E DISAGI»

Che il tasso di spopolamento nelle isole sia meno ripido non significa che il fenomeno sia meno grave. Anzi. Parlando di realtà dalle dimensioni inferiori, le conseguenze a lungo termine sono destinate a farsi sentire. A tal proposito, nei giorni scorsi il consigliere di Municipalità di Lido Pellestrina Danny Carella ha preso spunto da quanto sta capitando tra il Lido e Pellestrina per un ragionamento più ampio sul fenomeno, e sulle ricadute per il tessuto sociale.

«Milleottocentodiciotto, sono gli abitanti che l’isola di Pellestrina ha perso negli ultimi 40 anni», la sua analisi affidata al sito “Luminosi giorni”, «parliamo di un terzo della popolazione. Al Lido di Venezia in quarant’anni è “evaporato” un quarto degli abitanti». L’analisi di Carella continua poi esaminando la distribuzione degli abitanti per fasce d’età.

Continuare a vivere a Venezia: "Sì, dobbiamo resistere organizzandoci"

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«Circa un terzo degli attuali abitanti del litorale veneziano ha oltre 65 anni, a fronte di circa un decimo degli abitanti con meno di 14 anni», spiega Carella, «il rapporto quattro decenni fa era quasi diametralmente invertito. A fronte di dati oltremodo preoccupanti urge anche una riflessione sulle cause profonde di questo trend. Mentre in tutto il mondo civilizzato le distanze vanno riducendosi i collegamenti dalle isole verso il centro veneziano, verso la terraferma e verso Chioggia, sono rimasti fondamentalmente immutati».

«Tale lentezza di movimento, per quanto possa apparire romantica agli occhi di alcuni non residenti, implica che il raggio di un possibile impiego di un residente al Lido o a Pellestrina si limita alle immediate vicinanze quali Venezia, Chioggia, Mestre . Sono limitazioni fortissime, che vanno ad incidere nelle sliding doors di una vita personale o familiare. Ecco perché al momento dell’uscita dalla famiglia d’origine molti giovani scelgono da subito di trasferirsi in terraferma, per non veder precluso, un panorama più ampio di possibilità. Ma non solo. Altrettanto pesante nelle valutazioni è l’inaccessibilità del mercato immobiliare delle due isole litoranee». 

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Cavallino-Treporti sotto quota 13.500 abitanti. Stop ai flussi dalla laguna e età media in crescita

Il Comune aveva fatto registrare un aumento costante di abitanti tra il 1981 e il 2006

I residenti di Cavallino-Treporti al 31 dicembre 2021 erano 13.484. Addirittura il numero totale di residenti è da qualche anno in diminuzione con 13.498 abitanti registrato a fine 2020 e 13.537 registrati a dicembre del 2019.

«L'andamento demografico degli ultimi anni», interpretano dall'ufficio anagrafe del comune litoraneo, «ha rilevato sostanzialmente due circostanze che hanno condizionato il numero di abitanti: la diminuzione progressiva dei flussi residenziali in ingresso e l'innalzamento dell'età dovuta al fatto che il numero dei nuovi nati non riesce a coprire il gap provocato dal numero di deceduti. Infatti i nati nel 2021 sono stati 81 mentre i morti 155».

Il litorale nord aveva visto in passato ben più floridi periodi di crescita demografica. Nel quarto di secolo fra il 1981 e il 2006, per esempio, la popolazione residente nel litorale Cavallino-Treporti, nonostante fino al 1999 fosse stato quartiere del comune di Venezia, era cresciuta ad un tasso di crescita medio annuo dello 0,93%, passando dai 10.065 abitanti del 1981 ai 12.674 del 31 dicembre 2006.

Nei venticinque anni considerati il comune aveva quindi visto aumentare la sua popolazione di 2.609 unità, con una variazione percentuale del 25,9%.

Tale crescita demografica, in gran parte spiegata dall'immigrazione stanziale di molti veneziani, ma anche isolani della laguna di Venezia, soprattutto provenienti da Burano e Sant'Erasmo, nella terraferma, era poi continuata fino al 2008, tanto da far ipotizzare che 2017 sarebbe stata stimata ipoteticamente in 15.086 abitanti, con un aumento del +17%.

Ma la storia sconfessò invece queste previsioni, comportando invece negli anni immediatamente successivi a quel periodo di crescita demografica uno stop ed addirittura l'inclinarsi in negativo delle curve che mettono in relazioni nascite, morti, immigrazione ed emigrazione. Il progressivo spopolamento del litorale l'1 gennaio 2013 arrivò a far registrare all'ufficio demografico comunale i 13.379 abitanti. Nei cinque anni successivi il dato verrà limato di poco al rialzo arrivando ai 13.526 registrati nel 2018.

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Anche Chioggia e Sottomarina non sfuggono al calo demografico

 Il sindaco Armelao: «Tendenza generale da non sottovalutare. Dobbiamo creare lavoro e la crocieristica è un volano importante»

Nessuna emorragia di abitanti, ma un lento e progressivo calo demografico in linea con la media nazionale. Chioggia è scesa sotto il traguardo dei 50 mila residenti già da sette anni e da allora perde in media 300 abitanti l’anno, frutto di un tasso di natalità inferiore a quello di mortalità. I centri storici di Chioggia e Sottomarina si spopolano più velocemente, ma le zone residenziali di Borgo San Giovanni e della parte nuova di Sottomarina vanno a compensare i movimenti.

Il saldo demografico al 12 agosto, registra 48.327 abitanti, con una leggera prevalenza delle donne sugli uomini (24.336 contro 23.991). Cinque anni fa - il 12 agosto 2017 - la popolazione segnava quota 49.508 (24.948 donne, 24.560 uomini); il 12 agosto 2012, invece, i residenti erano 50.422 (25.421 donne, 25.001 uomini).

A differenza di Venezia, quindi, non vi è stato un pesante spopolamento, ma un calo progressivo facilmente spiegabile con le dinamiche che in tutto il territorio nazionale si stano verificando da anni.

Chioggia è scesa sotto i 50 mila abitanti (con ciò che ne consegue anche in termini di rappresentanza istituzionale) tra il 2014 e il 2015. Proiettando il trend, tra il 2023 e il 2024 scenderà sotto i 48.000. E così in futuro, a meno che non intervengano politiche di welfare e lavoro nuove.

«Scontiamo un calo demografico che è generalizzato», spiega il sindaco, Mauro Armelao, «chiaro però che non possiamo sottovalutare il fenomeno e che abbiamo l’obbligo di mettere in campo politiche che non solo tengano qui i nostri giovani, ma che convincano a rientrare chi negli anni se n’è andato».

«Dobbiamo creare nuove opportunità di lavoro, e credo che in questo senso la crocieristica possa essere un ottimo volano, e dobbiamo tornare a sostenere le giovani coppie nell’acquisto della prima casa. Un terzo elemento importante sono le infrastrutture. Oggi la mancanza di una ferrovia all’altezza e di strade alternative alle Romea fa sì che chi trova lavoro fuori Chioggia, decida spesso di trasferirsi nel luogo di lavoro per non affrontare una vita da pendolare. Se invece lavoriamo per migliorare le infrastrutture, molti potrebbero decidere di vivere comunque nella loro città». 

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Fuori le idee o andiamo a sbattere contro un muro

Il commento

Meno di 50 mila abitanti. Ci siamo, Venezia è sotto la soglia di galleggiamento. Un numero simbolico, niente più. Dall’oggi al domani, nulla è cambiato. Però ogni tanto i numeri aiutano a fermarsi un attimo. E a riflettere.

Settant’anni fa, a fine 1951 nel picco massimo raggiunto, tra i sestieri e l’isola della Giudecca gli abitanti erano 174.808. Nel 2002, la città d’acqua (isole escluse) contava 64 mila residenti, nel 2012 erano già scesi a 58.200. Senza contare l’età media: se in Italia è 46 anni (altissima, in Europa è 44), a Venezia è di 49 anni.

Dove si va, di questo passo? A saperlo. La città è destinata a diventare come un “villaggio delle Dolomiti”, come dice il docente di demografia dell’università di Padova, Giampiero Dalla Zuanna? Con tutto il rispetto per i paesini sperduti tra i monti, spero di no. Venezia è ancora una città viva, nonostante tutto. E vitale. Non può essere solo una vetrina.

Poi però i problemi ci sono, e tanti. A partire dal lavoro, dalla casa, dagli affitti. Non può salvarsi solo chi ha la “fortuna di poterselo permettere”. Altrimenti non è più una città. Ci vogliono idee, proposte, confronto, partecipazione, ascolto. Lamentarsi non basta. Oppure si va contro un muro.

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Paccottiglia da contrastare per favorire attività locali

L’assessore al Commercio Sebastiano Costalonga: «Stiamo invertendo la tendenza»

Dalla giunta comunale sul calo di residenti interviene anche l’assessore al commercio, Sebastiano Costalonga: «È un problema purtroppo riscontrato in tutti i centri storici, ma ci stiamo impegnando per invertire la tendenza. Vanno ripristinati i servizi al cittadino in genere, come i negozi di vicinato e le attività artigiane».

«La “delibera anti-paccottiglia” getta le fondamenta per un commercio di qualità a favore di artigiani e residenti. Sempre in questa direzione ci stiamo muovendo attraverso bandi per la concessione dei negozi comunali a favore di giovani artigiani e di attività commerciali che producono servizi necessarie per i residenti. Fondamentale è riuscire almeno a parificare il costo della vita del Veneziano a quello di un qualsiasi altro Veneto».

Sul tema interviene anche il consigliere comunale Giovanni Andrea Martini (Tutta la Città Insieme): «Che si inizi a parlare anche dei residenti che il Centro storico è capace di attirare è una buona notizia. Non si può che guardare con favore alle iniziative nate dall’università per attrarre i cosiddetti “nomadi digitali”, ma è anche vero che non possono tutti fare “smart working”».

«Allora serve abbassare e regolamentare i canoni di affitto, tanto di case quanto di fondi commerciali, per permettere l’insediamento e lo sviluppo anche di altre attività. Serve poi puntare su un’offerta scolastica – non solo universitaria - di qualità e serve soprattutto disincentivare le politiche a favore della monocultura turistica e dello svago, per dar spazio anche ad altri settori e per favorire una migliore qualità del vivere». —

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