La siccità fa impennare i prezzi al carrello:ogni veneziano spenderà 160 euro in più
L’effetto sulla spesa delle famiglie: la stima vale 150 milioni l’anno. Coldiretti: «Gli effetti si sentiranno anche in autunno»
Alberto Sanavia
VENEZIA. La siccità aumenta il prezzo del carrello della spesa. Secondo i dati Istat, le alte temperature, la siccità e i rincari energetici hanno portato l’inflazione ad un aumento complessivo del 9,6% tra prodotti freschi, come frutta, verdura e lavorati.
In linea con le province limitrofe, per i veneziani questo inciderà di ulteriori circa 150 euro sulla spesa per ogni nucleo familiare.
In lieve rallentamento i prezzi dei beni alimentari non lavorati (che passano da +9,6% a +9,5%). In agricoltura si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio.
«Siccità e alte temperature sono però il primo problema» dice Giovanni Pasquali, direttore della Coldiretti Venezia, «perché con questo caldo si sviluppano insetti e malattie che contribuiscono alla riduzione della quantità del prodotto. Stiamo perdendo intere produzioni di verdure e, anche se ora arrivasse la pioggia, la situazione cambierebbe poco. Nei nostri mercati di vendita diretta stiamo cercando di contenere gli aumenti, ma l’autunno non promette nulla di buono. La presenza di persone sui mercati è diminuita da circa un mese e mezzo».
Le alte temperature e l’assenza di pioggia si riflette sulla disponibilità idrica. «Come acqua», continua Pasquali, «il Veneto orientale sta soffrendo più degli altri perché ne ha appena il 35% a disposizione rispetto al 60-70% degli altri. Caorle e Chioggia sono quelle in maggiore difficoltà. Il mais si sta seccando e lo stiamo già raccogliendo per l’alimentazione dei bovini, ma è di scarsa qualità e quantità. Nel Veneziano il costo del latte al litro è passato dai 37 agli oltre 50 centesimi».
Secondo il Crea, più di un’azienda agricola su dieci (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività e circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione.
«La risalita del cuneo salino dal mare costringe i Consorzi a fornire acqua nei canali per addolcirla», spiega Pasquali, «e questo ha un costo energetico elevato».
Proprio sul fronte energia elettrica, Michele Barison responsabile provinciale di Cna Alimentare, lancia l’allarme sui panificatori. «Nel settore alimentare», dice Barison, «questa categoria è quella che ne risente maggiormente, con il doppio delle spese energetiche rispetto a qualche mese fa. Per assurdo, l’aumento del costo delle materie prime incide in maniera minore».
Nel 2022 le importazioni di prodotti agroalimentari dell’estero, dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali, sono cresciute in valore di quasi un terzo (+29%), aprendo la strada anche al rischio di un pericoloso abbassamento degli standard di qualità e di sicurezza alimentare.
«Se l’aumento del prezzo delle farine può essere in parte riassorbito» conclude Barison, «è necessario che vi siano degli interventi ad hoc per calmierare i costi dell’energia per panificatori e attività simili, che altrimenti rischiano di non reggere».
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