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Strage dei ventenni a Musile, tre anni dopo: «Il nostro dolore non finirà mai»

Morirono quattro amici, il rumeno che causò l’incidente è agli arresti domiciliari. Romina Laugeni, madre di uno dei ragazzi: «Lotto per avere strade più sicure»

Giovanni Cagnassi
1 minuto di lettura
Da sinistra, Riccardo Laugeni, Eleonora Frasson, Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo, morti nell’incidente la notte del 13 luglio 2019 

 

MUSILE. A tre anni dalla strage dei ragazzi una ferita ancora aperta e tanto dolore che non si placa. La notte tra il 13 e il 14 luglio 2019 morirono in un tragico incidente d'auto Eleonora Frasson, Leonardo Girardi, Riccardo Laugeni, Giovanni Mattiuzzo, tutti ventenni di San Donà e Musile.

Erano a bordo di una Ford Fiesta guidata da Riccardo quando un sorpasso a dir poco azzardato di un'auto pirata fece perdere il controllo dell'auto finita in mezzo ai campi e rovesciata in aria piombando nel canale Pesarona alle porte di Jesolo. Solo Giorgia Diral riuscì miracolosamente a uscire dall'abitacolo.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) La perizia sull’incidente del 14 luglio scorso che costò la vita a 4 giovani di Musile esclude ogni addebito a Laugeni]]

Da allora Romina Ceccato in Laugeni, mamma di Riccardo, ha iniziato una battaglia per la sicurezza stradale e la sensibilizzazione dei giovani, promosso una marcia di protesta con oltre 1500 persone, fondato l'associazione Alba, luci sulla buona strada.

Ancora oggi le famiglie che hanno subito un lutto nel Triveneto la chiamano per chiedere aiuto e conforto. Ha iniziato anche una lotta per vedere finalmente punito chi è stato la causa di quell'incidente, il romeno di 30 anni ancora ai domiciliari a Musile, condannato in appello a 8 anni di reclusione, ma in attesa dell'udienza in Cassazione. Come se non bastasse, Romina è stata vittima di attacchi inaccettabili e vergognosi. Le hanno inviato foto di incidenti simili a quello del figlio, messaggi dileggianti e persino offese.

«Qualcuno vuole farmi soffrire ancora perché do fastidio» commenta «perché voglio che le strade siano sicure, ma mi danno ancora più forza. So solo che chi ha causato la morte di mio figlio e dei suoi amici è ancora a casa, a pochi metri dalle famiglie che soffrono. Con le deputate della Lega Andreuzza e Fogliani abbiamo lavorato per una proposta di legge che imponga a chi compie reati, non solo omicidio stradale, ma anche violenze, di non essere ai domiciliari nella stessa città in cui vivono le vittime o i familiari. Il dolore non finirà mai, ma possiamo fare in modo che altri non debbano più soffrire». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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