Muore operaio a Mestre, sesta overdose in 20 giorni
Terza vittima: l’ultima nel quartiere San Giuseppe, accanto al corpo una siringa usata. A Mestre torna il terrore
Carlo Mion
La morte è avvenuta nel quartiere San Giuseppe, una delle zone storiche di viale San Marco a Mestre, che tutti chiamano il villaggio
MESTRE. In venti giorni sei overdose, di cui tre mortali. L’ultima è stata scoperta al quartiere San Giuseppe, lungo viale San Marco. Fino a quando non ci saranno gli esiti delle analisi, si tratta di una sospetta overdose.
Ma alcuni elementi fanno capire che questa sia l’ipotesi più veritiera. La vittima è Massimiliano Realini, un 46enne che faceva l’operaio e con un passato di tossicodipendenza e precedenti legati al mondo dello spaccio. Mestre sta tornando, quindi, ad essere la capitale delle overdose, ma con un aspetto all’apparenza nuovo: sempre più spesso le vittime hanno superato i 45 anni.
L’ultimo episodio risale a poco prima dell’una di venerdì notte ed è successo al quartiere San Giuseppe 15/B. A chiamare il 113, perché il loro coinquilino non rispondeva più, sono stati altri due residenti nell’appartamento.
Da giorni l’uomo non si faceva vedere e sentire e la porta della sua stanza era sempre chiusa. L’altra notte i due hanno deciso di chiamare la polizia. Gli agenti intervenuti hanno chiesto il supporto dei vigili del fuoco per aprire la porta. Appena un fascio di luce ha illuminato la stanza i poliziotti hanno visto il corpo inanimato dell’uomo disteso a terra. Non c’erano dubbi che fosse morto, infatti l’odore che proveniva dall’interno della camera era forte.
Il medico legale intervenuto ha stabilito che la morte risaliva ad almeno una settimana prima. A quanto pare i coinquilini non hanno sentito l’odore del corpo che si stava decomponendo perché le finestre della stanza erano aperte. Viste le condizioni del cadavere, per il medico legale è stato impossibile constare se sul corpo ci fossero segni che potessero far pensare all’uso di sostanza. Ma accanto al corpo è stata rinvenuta una siringa usata. Ora saranno le analisi su quanto aveva contenuto la stessa a stabilire se c’è un legame tra la morte di Realini e quella siringa. Sull’accaduto indagano gli agenti del Commissariato di Mestre.
Realini e la moglie nel gennaio del 2017 furono condannati per spaccio. Avevano una serra in camera da letto con decine di piante di marijuana e hashish. Marito e moglie, entrambi operai residenti a Dolo e pregiudicati, vennero processati per direttissima, rifiutando il patteggiamento e scegliendo il giudizio abbreviato. Il giudice condannò Massimiliano Realini a due anni, nove mesi e venti giorni e al pagamento di 5.000 euro, mentre la moglie 26enne di origini croate, a un anno e otto mesi e 3.000 euro.
Prima era stato fermato lui mentre rientrava a casa, poi era scattata la perquisizione durante la quale era stata scoperta la moglie che stava cercando di sbarazzarsi delle piante. Erano stati trovati diversi grammi di marijuana essiccata e di hashish, oltre che migliaia di euro in contanti. Ma la vera scoperta era stata fatta dai carabinieri nella camera da letto della coppia: dietro l’armadio, ben nascosta, era stata allestita una serra con 19 piante di marijuana e il necessario per la coltivazione.
Questa morte va ad aggiungersi alle altre due avvenute, nel giro di poche ore, il 28 aprile. Quel giorno vennero trovati morti Gian Claudio Mazzariol, 60 anni, in via Garigliano 18 e in via Rielta 2b Fabio Cucco, 49 anni. Ci sono poi tre malori per overdose. In questo caso non ci sono stati dei morti perché le vittime erano insieme a degli amici che hanno avvisato il 118 in tempo.
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