Profughi ucraini, adesso c’è il nodo contagi. «Intere famiglie rifiutano il vaccino»
Il prefetto Zappalorto e la macchina dell’emergenza in provincia di Venezia:«Abbiamo i casi di nuclei familiari che non accettano nemmeno di fare un semplice tampone»
Carlo Mion
VENEZIA. «A differenza delle ultime emergenze migranti, questa volta alle nostre spalle abbiamo la poderosa macchina della protezione civile regionale. Possiamo contare su una organizzazione che ha il potere di intervenire individuando e se necessario requisendo spazi e strutture». Così replica il Prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto sulla gestione dell’emergenza profughi ucraini.
Nonostante il numero di chi scappa dall’Ucraina in fiamme sia notevole non c’è il caos di alcuni anni fa quando il numero dei migranti da sistemare era inferiore. Come mai?
«Prima di tutto gli arrivi sono abbastanza contenuti rispetto alla massa di persone che si stanno spostando dall’Ucraina. Poi possiamo contare su Regione e Protezione civile. Per assurdo in fase di arrivo in passato la situazione era più semplice. Quotidianamente sapevi quante persone ti arrivano perché il ministero dell’Interno ti avvisava il giorno prima».
«In questa emergenza una parte degli arrivi non li conosci fino a quando non viene presentata alla Questura, da parte dei privati, la segnalazione di ospitalità, oppure quando gli stessi profughi si presentano alle forze di polizia. Il caos degli anni passati avveniva quando dovevi sistemare sul territorio le persone. Ricevevi solo dei no da parte dei sindaci. Ma non solo».
«C’erano proteste della gente ma pure degli stessi amministratori. Ricordo dei sindaci e degli assessori che hanno messo i cassonetti dei rifiuti in mezzo alla strada per bloccare i pulmini con i profughi. Ci siamo trovati davanti a delle vere e proprie barricate. Era impossibile sistemare quelle persone in maniera diffusa sul territorio. Ecco perché sono nati gli hub come Cona».
«Ora invece per gli ucraini fino ad oggi abbiamo incontrato disponibilità da parte dei Comuni. Questo aiuta molto anche se non basta. Mi auguro che questa disponibilità ci sia fino alla fine e non sulla carta in questa fase iniziale. Anche lo scorso agosto tutti erano pronti all’accoglienza degli afghani. Poi, dopo dieci giorni, in diversi si sono defilati».
Quindi tutto liscio, o ci sono problemi anche per gestire questa emergenza?
«Sicuramente ci sono problemi come in tutte le emergenze quando queste riguardano migliaia di persone in arrivo. Anche perché gli uffici preposti alla gestione non sono tarati con il personale sulle emergenze. Vale per gli uffici della Prefettura e della Questura per non parlare di quelli delle Usl».
«Basti pensare quando queste persone arrivano da sole in stazione o in qualche fermata dei bus. Bisogna mandare la polizia per capire chi sono e poi devono essere presi in carico dai sanitari dell’Usl. Una questione che potrebbe creare notevoli problemi è il fatto che ci sono tra i profughi persone che non si vogliono vaccinare».
«Addirittura non vogliono essere sottoposte al tampone. Abbiamo avuto già alcuni casi di intere famiglie. Se il numero dei profughi che non si vogliono vaccinare o e rifiutano il tampone aumenta diventerebbe un problema serio». —
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