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Il viaggio da Venezia nelle terre estreme del Nord per incontrare e fotografare il bue muschiato

Petito e Dal Forno hanno raggiunto il parco di Dovrefjell in Norvegia dove abitano 200 esemplari protetti. «Che fatica ma che emozioni vederli»

Alessandro Torre
2 minuti di lettura

Un esemplare di bue muschiato fotografato, dopo giorni di ricerche e appostamenti, nel parco di Dovrefjell, in Norvegia e Alessandro Petito in mezzo alla neve nella sua prima esperienza estrema per fotografare animali 

 

MESTRE. Una passione incredibile, quella che porta a spingerti all’estremo. In sicurezza e valutando tutte le possibili alternative. Ma che comunque è forte tanto da non temere nemmeno le temperature glaciali della parte più a nord della Norvegia.

Perché c’è un sogno da inseguire, un desiderio da concretizzare. «E che non avrei mai potuto realizzare senza l’appoggio della mia famiglia, dei miei figli Giuseppe e Angela, e di mia moglie Giusi», racconta appena rientrato dal viaggio dal nord Europa Aniello Alessandro Petito, assistente capo della Polizia, campano, classe 1977, ma da anni in servizio alla questura di Venezia.

Partito per una settimana per la Norvegia per il sogno di fotografare il bue muschiato.

«La mia passione per la fotografia nasce sin da piccolo. Da dieci anni mi dedico a scattare foto solo ad animali liberi, con appostamenti. Questa in Norvegia è stata però la mia prima esperienza così estrema. Avevo già fatto escursioni sulle Alpi a fotografare pernici bianche, gipeti e aquile reali. Ma questo per il bue muschiato è un desiderio che coltivavo prima del Covid, poi rinviato per tutto quello che è successo. Siamo partiti in due, io e il mio amico Enea Dal Forno, di Verona, per inseguire questo miraggio. Perché altri ci avevano provato prima di noi. Ma soprattutto nel periodo autunnale, quando il clima in Norvegia è più mite. Mai in inverno, quando diventa estremo, ma proprio in quel momento è l’ambiente ideale per il bue. Questo animale mi ha sempre affascinato. Con la sensibilizzazione in merito alle problematiche ambientali legate al riscaldamento globale, sapere che c’è un animale che ha superato l’era della glaciazione ed è arrivato sino a noi significa che ha uno spirito di conservazione altissimo».

Un’attrazione che ha spinto Petito verso un’avventura tutta da raccontare.

«Siamo andati nel parco di Dovrefjell, grande all’incirca quanto la provincia di Venezia, dove esistono circa 200 esemplari protetti. Ma non sapendo dove e quando trovarli, ci siamo organizzati per ciaspolare nella neve alta. Siamo sempre partiti a notte inoltrata dai confini del parco con il solo Gps, facendo attenzione alle ore di camminata per avere le forze di tornare indietro e considerando sempre il fatto che quando il tuo orizzonte è tutto bianco non hai la profondità di campo, quindi, tre ciuffetti d’erba possono esserlo effettivamente come possono essere tre sequoie. Il primo giorno cerchiamo per tre ore di raggiungere un gruppo che vedevamo sul versante di una collina. Ma alla fine abbiamo dovuto abbandonare altrimenti avremmo rischiato di non rientrare. Ripromettendoci di attaccare il percorso il giorno dopo all’una di notte. Il secondo giorno nel punto di avvistamento scorgiamo un altro gruppetto che la prima volta non c’era, a un ora di cammino».

«Così il terzo giorno attacchiamo subito per raggiungere quel branco di mattina presto», racconta ancora Petito, «perché l’alba in tundra è di mille colori, riuscendo a fare delle foto stupende. Le previsioni purtroppo nei giorni seguenti peggiorano, con una bufera in arrivo. Ma noi siamo andati lì per fare foto drammatiche e allora sfidiamo le intemperie. Il quarto giorno è il più duro di tutti, il peggiore che io abbia mai vissuto, con il vento che lancia delle scaglie di ghiaccio addosso. Ho tre strati di vestiario tecnico. Tre paia di guanti, ma per fare le foto mi tolgo le prime muffole rendendomi conto che già il mignolo perde sensibilità. Ma lì otteniamo le foto che abbiamo sempre desiderato. Insomma ero partito per fare un centinaio di scatti, alla fine ne ho fatti 7000». Migliaia di scatti e una storia di passione da raccontare. Alessandro Torre

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