Giustizia veneziana sull’orlo del baratro: «Manca l’organico: urge una legge speciale»
L’appello congiunto del presidente Laganà e degli avvocati: «Il ministero di Giustizia applichi la Costituzione»
Roberta De Rossi
VENEZIA. L’orlo del baratro è vicino, dicono a una voce magistrati e avvocati: al Tribunale di Venezia – penale in primo luogo – servono urgentemente giudici e personale amministrativo. Subito e in gran numero. «Il ministero di Giustizia deve garantire il rispetto dell’articolo 110 della Costituzione, che gli affida il compito di organizzare e far funzionare la giustizia», scandisce il presidente del Tribunale, Salvatore Laganà, «sul Tribunale distrettuale di Venezia grava una carenza di personale che ha raggiunto il 40%: se non si riesce a fermare questa emorragia, la gestione della giustizia a Venezia sarà quasi impossibile. I vuoti di organico sono diventati insostenibili».
A fianco di Laganà – per dire che la paralisi è a un passo e chiedere interventi urgenti – anche gli avvocati veneziani: tutti insieme nell’aula della Corte d’Assise, per lanciare un appello comune a Roma. «I numeri sono disastrosi, a Venezia la difficoltà è gravissima: ne va della difesa degli imputati e delle vittime», dice la presidente del Consiglio dell’Ordine, Federica Santinon. «È una tragedia civile che uno Stato non riesca a garantire una funzione costituzionale come la giustizia», incalza Renzo Fogliata, presidente della Camera penale, «Venezia non è una provincia “gallica”».
In laguna in pochi vogliono venire e in molti, appena possibile, se ne vanno: la considerano scomoda, ma soprattutto cara. Pesanti vuoti di organico all’ufficio dei giudici per le indagini preliminari, assenze per maternità e malattia tra i giudici del Tribunale penale, il Riesame ridotto all’osso e con magistrati in uscita. Manca il 70 per cento dei funzionarti.
Una situazione che si traduce in continui rinvii di udienze anche in pendenza di prescrizione, giudici e personale sovraccaricati di lavoro, imputati e parti civili che attendono risposte. Nel Civile si pensi poi alle separazioni con figli, alle 6800 richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, ai processi civili sul crac del banco Veneto e della popolare di Vicenza. «Siamo Tribunale distrettuale veneto per i processi di mafia, di pedopornografia, reati informatici», elenca Laganà, «come al Civile siamo il terzo Tribunale in Italia in materia di imprese. Se manca personale, ne va della giustizia, dell’economia e delle persone. È un problema di tutta la collettività».
Dunque, come se ne esce?
Per il presidente Laganà la soluzione è duplice: «Serve un concorso speciale per la copertura dei posti vacanti tra i magistrati, anche assegnando d’ordine la destinazione Venezia, e per quanto riguarda il personale urgono concorsi e incentivi per farlo venire e non farlo fuggire. Serve una legge speciale giudiziaria per Venezia, ovvero, che il Ministero riconosca al personale amministrativo la stessa indennità di sede disagiata che già paga agli agenti penitenziari. E poi servono aiuti: al Comune ho chiesto posteggi in convenzione a piazzale Roma, agevolazioni sui trasporti (la Carta Venezia costa 100 euro ai non residenti), una mensa in cittadella della giustizia. Oggettivamente è un falso luogo comune che si alimenta più viene ripetuto, quello che Venezia è una città dove è difficile vivere: si può trovare casa a Mestre e raggiungere gli uffici giudiziari con i mezzi pubblici. Ma un incentivo va riconosciuto».
Gli avvocati si dicono pronti a «portare avanti iniziative e proteste forti, ma anche proposte, per sbloccare questa tragedia civile che è la paralisi dei tribunali». Roma, per ora, nicchia. «In commissione alla Camera ci hanno ascoltato ma c’è chi ha detto che la situazione è “colpa di Venezia”», commenta la presidente dell’Ordine, Santinon, «abbiamo detto che a un malato grave non si può dare l’aspirina. Martedì saremo in consiglio regionale, in commissione Giustizia al Senato e abbiamo un appuntamento con il sottosegretario Sisto. Vogliamo una soluzione».
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