Il finanziere Mevorach dietro al progetto delle case di lusso nell’area ex Canossiane
Il complesso è destinato ad essere trasformato in un lussuoso complesso residenziale: ristrutturazione approvata dalla giunta comunale – che ha respinto una prima richiesta di destinazione d’uso alberghiera - e ora al vaglio delle commissioni consiliari.
roberta de rossi
VENEZIA. Fa riferimento al finanziere veneziano Andrea Mevorach il grande progetto di ristrutturazione dell’ex complesso delle Canossiane alla Giudecca, destinato ad essere trasformato in un lussuoso complesso residenziale: ristrutturazione approvata dalla giunta comunale (che ha respinto una prima richiesta di destinazione d’uso alberghiera) e ora al vaglio delle commissioni consiliari.
Le visure camerali mostrano, infatti, che socio unico della Cloister Srl - la società che ha presentato al Comune il piano di intervento - è la Itafem Srl, che risulta di proprietà di Mevorach e, per una quota, della madre Anna Laura Geschmay, che la presiede.
Mevorach è proprietario di molte aree e protagonista negli anni di diversi progetti d’investimento nella città di terraferma: non ultimo, quello che ha portato alla realizzazione del nuovo Mercato ortofrutticolo (già operativo) e della nuova piscina di Marghera, prossima all’inaugurazione. Nel 2017, con il fondo Axa, aveva lanciato un’offerta per l’acquisto per 18 milioni di euro della sede della Fondazione di Venezia in Rio Marin - si ipotizzò la realizzazione di un hotel - ma poi la Fondazione decise di non vendere.
Ora lo sbarco a Venezia con questo grande progetto immobiliare, che investe l’ex complesso delle Canossiane, con affaccio sul bacino di San Marco: 2 mila metri quadri, sede prima dell’istituto religioso, poi di una scuola materna. Abbandonato dal 2003 e acquistato dalla Cloister nel 2019, il grande immobile è al centro della variante 59 al piano degli interventi che ne prevede la conversione ad uso residenziale con la rimozione del vincolo di piano ad “Attrezzature per l’istruzione” e la realizzazione di 12-15 unità abitative di grande metratura. A dicembre, la giunta ha approvato il progetto imponendo uno specifico “stop” a qualsiasi affittanza turistica o bed&breakfast per i prossimi dieci anni.
«Intendiamo sostenere il recupero di edifici e compendi abbandonati nella città antica, incentivarne il riuso a scopi residenziali limitando le possibilità di insediamento di strutture ricettive, anche nella forma della locazione turistica», aveva commentato l’assessore De Martin nel presentare la delibera, «la variante prevede, infatti, che il rilascio dei titoli edilizi sia subordinato alla presentazione, da parte del soggetto attuatore, di un atto d’obbligo, con cui si impegna a non utilizzare i beni come strutture ricettive di qualsiasi tipo per almeno dieci anni». In commissione comunale, le opposizioni - dal Pd a Tutta la città insieme, Venezia è tua, Terra & Acqua - chiedono certezza che il vincolo anti-turistico non possa essere aggirato. La Municipalità di Venezia, approvando il progetto, chiede che l’ “atto d’obbligo” sia esteso a 15 anni. «È apprezzabile il recupero di un immobile fatiscente e la destinazione residenziale, anche se certo non si tratta di abitazioni accessibili a tutti», commenta il capogruppo di Terra e Acqua Marco Gasparinetti, «chiediamo che il vincolo non-turistico non sia aggirabile, magari con seconde case destinate allo scambio, e venga ampliato».
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