Carne alla griglia e 14 ore al presidio «Un pensiero a casa ma restiamo qui»
I racconti di Ivan e Ronni: la fabbrica non deve chiudere Nicola garantisce scorte e pulizia, il cuore diviso di Fabio
Alessandro RagazzoSANTA MARIA DI SALA
Anche se l’odore di grigliata di carne invade via Salgari, certamente il clima non è quello di festa. I lavoratori di Speedline sono in presidio da una ventina di giorni, pur di difendere il posto di lavoro dopo l’annunciata chiusura di Ronal Group per il 2022, e qualcosa bisogna pur fare per trascorrere il tempo.
Si attende la fine dell’anno in attesa che il 2022 porti qualche buona notizia tra un sorso di vino e la voglia di stare assieme nonostante il momento drammatico. Così tra una partita a carte e delle interviste – la stampa nazionale e le televisioni sono una presenza quotidiana – c’è chi si mette ai fornelli per cuocere la carne, chi pulisce e organizza le giornate successive, chi viene a trovare i colleghi.
Più d’uno trascorre qui le giornate, dalla mattina alla sera e sino a tarda ora, sacrificando affetti e amici. In gioco ci sono 605 lavoratori e nessuno vuole vedere sparire la fabbrica di cerchi in lega.
Ne sanno qualcosa Ivan Ferraresso e Ronni Marcellan, entrambi di 48 anni, il primo da Camponogara, il secondo da Campodarsego (Padova). Entrambi nel reparto verniciatura, sono stati assunti nel 2018 e sono pure colleghi di turno. Fianco a fianco nel lavoro, le loro storie sono molto simili anche fuori dallo stabilimento, essendo arrivati in fabbrica a poca distanza l’uno dall’altro E lanciano un appello: “La Speedline non deve chiudere”.
«Dove vado alla mia età» si chiede Ivan Ferraresso «se qui dovessero andare via? È stata una brutta botta sapere della notizia appena prima del Natale. Ma in questo momento mi sorgono delle domande: se Ronal Group decidesse di andare in Polonia, che figura ci farebbe? E perché dovrebbe trasferirsi quando qui facciamo dei prodotti di alta qualità? E 605 persone dove le mandano? Purtroppo qui decidono solo i soldi». Gli fa eco l’amico e collega Ronni Marcellan. «Prima lavoravo in ambito familiare sempre nel settore verniciatura» si racconta l’uomo «e mi sono rimesso in gioco a 40 anni; i miei colleghi hanno seguito me e Ivan (Ferraresso ndr), ci hanno spiegato il mestiere, ora noi facciamo pure da tutor agli altri. Ci teniamo a Speedline, allo stabilimento. Vedere il sostegno costante dei pensionati è bellissimo: non si può cancellare la storia di Speedline così. Non è un’azienda qualsiasi. Prima della pandemia, abbiamo sempre lavorato alla grande. Rilanciamola piuttosto». Nicola Cecchin ha 38 anni, è di Massanzago nel Padovano, abita da solo, non è sposato e non ha figli. In pratica, da tre settimane è in via Salgari, dalla mattina alla sera. «Ci trascorro ormai anche 12-14 ore» rivela «e il presidio è diventata casa mia. Mia mamma manco mi vede più (ride ndr). Mi preoccupo di preparare le scorte, tengo pulito il gazebo e la zona attorno, garantisco assistenza a chi viene qui. Qualche mio collega non può esserci per vari motivi e noi dobbiamo rappresentare pure loro. Perché vado poco a casa? I riflettori su questa vertenza non si devono abbassare».
Ieri ai fornelli c’era Fabio Niero, 59 anni di Spinea e prossimo alla pensione. Lavora in Speedline da 33 anni e padre di un figlio, ha una moglie malata a casa e divide il cuore tra il lavoro e la famiglia. Per lui il momento è delicato all’ennesima potenza. «Faccio quel che posso» dice «e vengo al presidio quando mi è possibile. Sono operaio di Speedline dal 1989 e ricordo un aneddoto del mio primo giorno di lavoro, quando un amico mi disse che l’azienda avrebbe chiuso di lì a poco. Invece siamo ancora qui; crisi ne abbiamo passate, stavolta pare tutto diverso, non ci sono voglia di mediare e umanità». Ma la voglia di lottare è intatta. —
Alessandro Ragazzo
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