D’Agostino: «Il Comune rinuncia a ogni progetto e ad ogni ambizione»
L’ex assessore all’Urbanistica critica il contenuto del Protocollo d’intesa venduto da Brugnaro come «un successo». «L’obiettivo doveva essere restituire l’uso ai veneziani»
Enrico tantucci
L’INTERVISTA
«Quella del Comune – con il protocollo d’intesa che si andrà a stipulare con Ministero della Cultura e della Difesa – è una cessione di sovranità sull’Arsenale, non una sua valorizzazione. È un atto che dimostra nei fatti l’assoluto disinteresse del Comune sull’Arsenale».
È, come sempre, chiaro e netto nelle sue valutazioni l’architetto Roberto D’Agostino, a lungo assessore comunale all’Urbanistica, ma soprattutto presidente di Arsenale Venezia spa - la società mista Comune-Demanio che gestiva il complesso, sciolta da Ca’ Farsetti dopo il passaggio della proprietà al Comune nel 2012. «L’obiettivo dichiarato di tutte le forze politiche e culturali della città è sempre stato quello di restituire l’Arsenale ai veneziani. Una volta ottenutane la proprietà piena nel 2012 si sarebbe dovuto lavorare per liberare gli spazi occupati, ma non utilizzati, in via temporanea dalla Marina, aprendo eventualmente un contenzioso con i militari, che non erano più proprietari di quegli spazi e non potevano pretendere di mantenerli senza utilizzarli. Bisognava poi raggiungere un accordo con la Biennale per rendere utilizzabili e aperti al pubblico gli spazi che occupa, nei periodi in cui non si svolgono le sue manifestazioni. Era necessario infine stipulare un accordo con la Marina per l’utilizzo da parte del Comune della Darsena Novissima, oggi vuota e permanentemente inutilizzata. Alla base di tutto ciò doveva esserci naturalmente un programma culturale e industriale di riuso dell’Arsenale di cui oggi non c’è più traccia».
Ben diverse, sempre secondo D’Agostino, le risultanze del nuovo protocollo d’intesa sull’Arsenale. «Con esso», osserva, «si restituisce alla Marina il 50% degli edifici già di proprietà del Comune, senza che vi sia alcuna ragione plausibile. Si concedono inoltre alla Biennale tutti gli spazi comunali disponibili – ad eccezione di quelli recuperati a suo tempo dalla società Arsenale e ora utilizzati da Vela – senza fare alcun accordo sul loro utilizzo e soprattutto sulla loro fruibilità da parte dei cittadini. Si celebra inoltre come un successo la disponibilità per 15 giorni due volte l’anno l’utilizzo della Darsena Novissima – dando per scontato che gli altri trecentotrentacinque giorni l’anno rimanga vuota e inutilizzata – e il fatto che i motoscafi tornino a passare per il rio delle Galeazze. Ma non c’è nessun programma di gestione dell’Arsenale da parte dell’Amministrazione. Solo, appunto, una cessione di sovranità. Il Comune introita circa 360 mila euro annui dai canoni di concessione sull’Arsenale e in un convegno di qualche tempo fa l’amministratore delegato di Vela aveva detto che la società introita circa un milione e 700 mila euro annui dagli affitti dei luoghi per eventi. In tutto fanno 2 milioni di euro annui e con questi fondi è possibile attivare un piano di investimenti da 30 milioni di euro sull’Arsenale. Basterebbe riprendere in mano il piano industriale che avevamo approvato prima dello scioglimento di Arsenale Venezia spa e che poi il Comune ha chiuso in un cassetto». Resta ancora da capire quale sarà in futuro anche il ruolo del Consorzio Venezia Nuova in Arsenale e se effettivamente la manutenzione delle paratoie del Mose sarà fatta qui, nell’area degli ex bacini Actv, o si sposterà in terraferma».—
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