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Patenti vere, candidati falsi. A giudizio la banda della Badioli

Mandavano agli esami degli “attori” che conoscevano bene i testi e l’italiano. Il prezzo per il raggiro e far ottenere il permesso di guida era di 2500 euro

roberta de rossi
2 minuti di lettura

Vincenza Badioli, 65 anni, in una lezione nella sua autoscuola

 

MESTRE. Parrucche, baffi posticci. Le treccine, all’occorrenza. Tutto per sembrare uguali agli “originali” - stranieri residenti in tutto il Veneto, da Mestre a Treviso, da Padova a Vicenza, senza però grande dimestichezza con l’italiano - e presentarsi al loro posto alla Motorizzazione civile di Venezia (con sede al Terraglio), per sostenere il test per la patente o la prova pratica di guida. A organizzare il tutto - secondo l’accusa mossa dalla Procura di Venezia - sarebbe stata la 75enne trevigiana Vincenza Badioli, ex titolare dell’autoscuola Patengo.

Una vorticosa messa in scena, un vero e proprio “teatro” - secondo l’indagine della Polizia stradale - che veniva organizzato per mandare a fare gli esami, al posto dei reali candidati, “attori” che parlavano bene l’italiano e che erano preparati nei diversi campi: chi a guidare l’auto per la prova pratica, chi a risolvere i quiz di quella teorica.

Uomini e donne. Secondo l’accusa, il prezzo pattuito per il raggiro sarebbe stato di circa 2500 euro a patente.

E laddove la somiglianza era impossibile da raggiungere con una seduta di trucco, allora si modificavano i documenti, cambiando la foto del candidato con quella del suo “interprete”.

Ieri, l’inchiesta è approdata davanti al giudice per le indagini preliminari Andrea Battistuzzi : trenta gli imputati, che si dovranno difendere - a vario titolo - dalle accuse di falsa attestazione, falso ideologico, falsità materiale davanti. In cinque hanno chiesto il patteggiamento, due il rito abbreviato. L’udienza è stata aggiornata dal giudice al 10 gennaio, per decidere se accoglier e le richieste di rito abbreviato e chi rinviare a giudizio.

Otto le persone accusate di aver affiancato Badioli nella messa in scena: il più assiduo - secondo la Procura - sarebbe stato il ghanese residente ad Arzignano Larbi Areyeh Simons; poi il nigeriano residente a Padova, Bayo Femi Akinsete; la nigeriana Marian Edionwe, residente a Thiene; i ghanesi Nicholas Adjei (irreperibile) e Emmanuel Asare; il nigeriano Ayomide Fayese; Sophia Ahannougbe, nata in Benin e residente a Treviso; e la ghanese Fatima Yvonne Zabra, residente a Trissino. Sono accusati di aver preso il posto di altri, davanti agli esaminatori della Motorizzazione.

Tra i i venti accusati di aver pagato i servizi dell’autoscuola (poi passata di mano) il 43enne nigeriano Moses Ewere Osagie, residente a San Donà di Piave, ora in carcere, in attesa del processo per l’omicidio della moglie Victoria, nel gennaio di quest’anno.

La brutale aggressione è avvenuta nella casa della coppia a Concordia Sagittaria, il 16 gennaio. La donna è stata accoltellata più volte, anche con un cacciavite: ha cercato invano di sfuggire al massacro. Sono accorsi in suo aiuto anche un inquilino e l’amico che aveva ospitato per guardare la televisione.

Ma non sono riusciti a fermare Moses, che - secondo la ricostruzione dell’accusa - prima ha preso a pugni Victoria e, quando lei è scappata dall’appartamento cercando di rifugiarsi al piano terra, l’ha inseguita fino in strada, accoltellandola e riportandola in casa, dove l’omicidio di è compiuto.

Tornando alle falsi patenti, gli aspiranti patentati arrivavano alla Motorizzazione civile di Mestre da tutta Italia: fin da Roma.

Sempre affidandosi alla stessa autoscuola, la Patengo di Treviso.

Era stato questo - alla lunga - a far insospettire il personale e mettere in allerta la Polizia Stradale.r

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