San Martino e il “bater tecia” veneziano. Quel cavaliere che tagliò il suo mantello parla a tutti
Nulla a che vedere con la festa di Halloween importata dagli Stati Uniti: l’11 novembre il rito locale dei bambini torna più vivo che mai. Festa nei quartieri e dolce tradizionale
mitia chiarin
VENEZIA. C’è chi, confonde il rito del “bater tecia” dei bambini – l’11 novembre – per il giorno dedicato a San Martino con un Halloween in salsa veneziana. Nulla di più diverso: il “bater tecia” con i cortei di bimbi con mantelli e corone di carta in testa sono cosa diversa dal “dolcetto e scherzetto” importato per Ognissanti dalla festa tutta americana di Halloween.
Al dolce ricatto del gioco travestito si contrappone il gesto della questua, in questo caso di dolci e caramelle, ispirati al messaggio di solidarietà che resiste nei secoli di San Martino, il cavaliere che tagliò in due il suo mantello per dare conforto a un povero.
Festa che fa parte della tradizione della città fin dal 1.300 e che unisce credenti e non, nel messaggio dell’aiuto al prossimo. Così come la prossima festa della Madonna della salute, il 21 novembre, unisce tutti, nella speranza di una vita libera dalla malattia. Di questi tempi, attualissima.
Don Natalino Bonazza, parroco di San Giuseppe e del Corpus Domini, lo ribadisce. «San Martino rimane un santo tra i più popolari, tutti conoscono la sua figura e il suo gesto che ispira nuove iniziative di solidarietà».
Don Fausto Bonini aggiunge: «Anche oggi ci sono tante, troppe, persone ai bordi delle nostre strade che hanno bisogno di essere aiutate e San Martino può essere l’ispiratore di gesti di bontà e condivisione».
Ci credono i ragazzi dell’Acr che hanno organizzato una raccolta di indumenti caldi (berretti, guanti, sciarpe, giubbotti e coperte) per aiutare i più poveri. Nel giorno di San Martino (a cui sono dedicate per esempio le chiese dell’Arsenale e di Burano) e dopo il lockdown, tra mascherine e distanziamenti, dovremmo pensarci tutti, davanti ai cortei di bimbi che mettono allegria . Chissà se intoneranno la tradizionale filastrocca.
San Martin xe ‘nda in sofita
A trovar ea so’ novissa
So novissa no ghe gera
San Martin col cùeo par tera
E col nostro sachetin
Ve cantemo San Martin!
(Altre varianti alla novissa sostituiscono Nona Rita).
Tutte le pasticcerie e i panifici già vendono il dolce tipico di pastafrolla. Buonissimo da mangiare e bello da regalare. Confartigianato invita a scegliere il lavoro degli artigiani dei dolci e non le versioni industriali.
Il dolce è un biscotto a forma di San Martino a cavallo, di frolla, ricoperto di glassa, cioccolato, caramelle e zuccherini. Un tempo il gioco più divertente era realizzarlo in casa, povero, senza formine, con la mamma.
Oggi la vita di fretta porta a correre a comprarlo. Versione, non sempre reperibile, il San Martino di cotognata.
Altra tradizione culinaria è mangiare per tutto novembre piatti a base di oca. Anche qui c’entra la leggenda. Martino, chiamato a diventare vescovo di Tours in Francia, cercò di fuggire per non abbandonare il saio ma le oche, con il loro starnazzare, lo fecero scoprire.
Da giovedì 11 fino a domenica si fa festa. Rialto ha visto domenica un tripudio di bimbi al mercato. Un dolce gigante domani alle 17 in via Mestrina prodotto da associazione panificatori e offerto da Confcommercio. Bambini di elementari e medie dalle 9 a Favaro fanno il corteo nei giardini delle scuole. A Marghera arrivano dolci a mille bimbi delle scuole del quartiere più multietnico della città. Al Lido mercatini in viale Santa Maria Elisabetta e sfilata delle scuole, fino al Blue Moon, tra giochi e animazione.
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