«Via i pali in plastica dai rii» Ma solo quelli vicini ai palazzi
Protesta a Dorsoduro, dove sono arrivate diffide a rimuovere le paline entro 30 giorni pena la revoca della concessione. «Una assurdità, il Comune ci ripensi»
alberto vitucci
Rimuovere le paline in plastica dai rii. Ma non tutte. La tregua è durata pochi mesi, dopo le proteste dei residenti di Cannaregio. Il Comune ha preso tempo. Ma la norma non è stata cambiata. E adesso arrivano le diffide a rimuovere i pali di ormeggio «entro 30 giorni» anche nelle altre aree della città.E si riaccende la protesta. Perché capita che nello stesso rio due ormeggi identici a pochi metri di distanza siano considerati in modo differente. Chi è «in prossimità di un monumento o di un edificio di pregio» deve rimuoverle, gli altri no. Un caos. Che dura da anni. Con un regolamento approvato nel 2915 che introduceva la possibilità di installare pali in plastica al posto dei tradizionali ma meno resistenti pali in legno. Mai applicato, fino all’intervento della Soprintendenza. Che ha limitato il divieto alle vicinanze degli edifici di pregio. «Assurdo», protesta un residente di rio della Fornace, «se il divieto vale dovrebbe valere per tutti». Non è nemmeno questione di «qualità» dei pali. Ce ne sono di ben fatti, in tutto e per tutto simili al legno. Altri veramente brutti, anche utilizzati da enti pubblici, aziende e istituzioni lungo il Canal Grande. Quelli restano al loro posto.
La diffida prevede la rimozione entro 30 giorni. E in caso di resistenza, anche la revoca della concessione dello spazio acqueo. «Una vera assurdità. Che ancora una volta dimostra come il Comune se la prenda con chi va in barca. Invece di mettere regole e di fare controlli contro il moto ondoso tartassano i residenti e i titolari di spazio acqueo».
Ma non tutti. Anche nel vicino rio delle Torreselle, dove sta la Fondazione Guggenheim, l’ordinanza di rimozione è arrivata solo ad alcuni concessionari, quelli più vicini ai palazzi di pregio.
Un caos che gli assessori Boraso e Costalonga avevano promesso di sistemare. Non è tutta colpa loro, dal momento che da molti anni si discute senza risultati di che fare di fronte al problema dell’usura dei pali in legno. L’attacco delle teredini, vermi che sono ghiotti del legno e vivono in acqua. L’erosione causata dalle correnti e dal moto ondoso, il legno non più stagionato e di qualità come un tempo. Fatto sta che la durata dei pali si è dimezzata, il loro costo raddoppiato. E’ un problema anche per le grandi briccole che segnano in canali in laguna. Dove i pali son tre, quattro in quelle di testa che segnano l’inizio del canale. E il costo per mantenerne 50 mila – tante sono in laguna – elevato.
Si era tentato qualche anno fa di avviare un protocollo di sperimentazione con Comune, Magistrato alle Acque e Soprintendenza, per arrivare a una soluzione. Sono state scartate le soluzioni per proteggere i pali in legno, ad esempio con le graffette e le protezioni di plastica sotto il livello dell’acqua. Si è autorizzata la sperimentazione, che pure vede molti scettici tra gli esperti di laguna. E adesso il lavoro è stato gettato alle ortiche. In compenso arrivano a singoli concessionari «colpevoli» di avere la barca troppo vicina a un palazzo di pregio, gli ordini di rimuovere i pali «entro 30 giorni».
Già qualche mese fa i destinatari dell’ingiunzione avevano protestato e costituito un comitato con tanto di avvocati al seguito. Chiesto e ottenuto un incontro con gli assessori del Comune. Che si erano limitati a concedere una proroga di 4 mesi. Adesso la grande macchina burocratica si è rimessa in moto e i vigili escono a controllare che i pali – ma solo alcuni di questi – siano tolti. —
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