L’abbraccio ad Elena «Ha vissuto di corsa e gustato ogni istante»
In Duomo le esequie della 48enne vittima sulle Alpi Giulie Il parroco: «Morire così, una beffa. Ora resta solo il silenzio»
Alessandro RagazzoMIRANO
«Non avvicinarti alla mia tomba piangendo. Non sono ancora morta, sono ancora viva». È uno dei passaggi di una lettera consegnata da un’amica di Elena Berton al parroco di Mirano don Artemio Favaro perché la leggesse al termine del funerale di ieri. Così il sacerdote ha fatto, tra la commozione dei presenti. Nelle centinaia di persone giunte in Duomo c’erano solo lacrime e incredulità per la tragedia di sabato scorso sulle Alpi Giulie. Quel Duomo che, se le norme Covid lo avessero consentito, non sarebbe stato in grado di accogliere tutti. Molti dei partecipanti che non hanno trovato posto in chiesa hanno seguito il rito sul sagrato o sul viale.
Dentro, in prima fila, i genitori Elide e Giorgio, ex maestro delle elementari ed ex presidente dell’ospedale, il fratello maggiore Giovanni. Tra i presenti la sindaca Maria Rosa Pavanello e poi esponenti della politica locale, iscritti del Club alpino italiano (Cai), di cui Elena aveva fatto parte. E poi i colleghi della Regione: dopo la laurea in Architettura, la 48enne era all’ufficio Urbanistica. Sopra la bara della 48enne, tanti girasoli, quei girasoli che rappresentano il sorriso di Elena Berton.
«Morire così in modo tragico è una beffa», esordisce nella sua omelia don Artemio, «una sberla che brucia. La morte è assurda, implacabile e improvvisa. Ti lacera dentro. Qui c’è una figlia che se ne va. Elena amava vivere, la sua è stata una corsa continua per assaporare ogni istante. Viveva con intensità». In camera della donna, in questi giorni mamma Elide ha trovato una frase sul comodino. Recita questo: “Quando sei in cima, continua a salire”. «Rappresenta Elena», continua don Artemio nell’omelia, «Era il suo ritratto, era così. Ora ci resta il silenzio profondo, quello del cuore come dico io, intenso, solenne, quello delle alte cime. Il nostro dramma è pesante, inumano, ma non può sfociare nella disperazione. La comunità si stringe attorno ai Berton».
Al termine, sempre tramite don Artemio, la famiglia ha ringraziato per la vicinanza ma ha preferito non fermarsi per il saluto. Voleva solo il silenzio. Quel silenzio che c’è sulle vette di montagne. Dove amava stare Elena. —
Alessandro Ragazzo
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