Creatività e tessuti a “chilometro veneto”: la moda lenta e sostenibile di due sorelle, tra Venezia e Padova
Hanno chiamato il loro marchio “Ma Va’”, Marianna e Valentina Cerami per le loro creazioni usano solo filati bio (dalla lana d’Alpago al denim senza coloranti chimici) o riciclati, tutti realizzati in Veneto
Roberta De Rossi
VENEZIA. Abiti, cappotti, cappelli, gonne, pantaloni, creati, tagliati, cuciti e realizzati con tessuti a “chilometro veneto”. Non c’è filato, di lana o denim che sia, che non arrivi da realtà tessili venete e con attenzione alla sostenibilità: lane da allevamenti autoctoni, cotoni bio, colori naturali, filati riciclati.
Marianna e Valentina Cerami sono due sorelle padovane, «creatrici di una moda rallentata: pochi capi, un approccio lento sia per garantire qualità, sia nella scelta dei tessuti».
Gli abiti a chilometro veneto di Ma e Va, sorelle stiliste-bio
Hanno incontrato Venezia ai tempi dei loro studi di Architettura e qui, ora, in campo San Lio, hanno aperto il loro Spazio Ma Va’. «L’abbiamo chiamato così perché ogni volta che creavamo un capo e lo indossavamo, quando dicevamo che l’avevamo fatto noi, la reazione di solito era: “Ma va’?!” e ci siamo rese poi conto che erano anche le iniziali dei nostri nomi», raccontano ad una voce.
«Siamo cresciute tra pizzi e merletti nella sartoria di nonna e di mamma a Padova, realizzando per gioco le nostre case di bimbe con i tessuti di laboratorio, sommerse dai capi di alta sartoria che le clienti venivano a provare in atelier», racconta Marianna, «ma la mamma non ci ha voluto tramandare i suoi segreti, anzi, ci ha quasi costretto ad andare all’università. E a Venezia abbiamo incontrato altra bellezza».
Dopo la laurea all’Iuav, il lavoro da architette. Ognuna per proprio conto. «Nel tempo libero, ci divertivamo a creare qualche abito per noi, utilizzando i tessuti nell’atelier della mamma», dice Valentina, «ma ad un certo punto ci siamo rese conto che l’architettura stava diventando sempre più burocrazia e lasciava poco spazio alla creatività e ci stava soffocando. Così la nostra passione, i nostri giochi di bambine sono diventati il nostro lavoro. E io sono tornata a scuola, per imparare a trasformare un bozzetto in modello. Sapevamo cucire, avevamo “rubato con gli occhi” da mamma, ma tagliare i tessuti, realizzare un prototipo è altra cosa».
«L’idea è nata nel 2009 e il 2015 è stato l’anno della svolta», ricorda Marianna, «nel laboratorio che abbiamo aperto in un magazzino d’inizio Novecento - in via Pontevigodarzere, a Padova - creiamo i bozzetti, i modelli, i prototipi. Se ci serve una mano per realizzare più taglie, ci aiutano due sarte, anche loro sorelle». «Una progettazione della moda», chiosa Valentina, «una sorta di ritorno all’architettura, ma in un’altra prospettiva. Ci piace la parte “cantieristica”, per poi vedere la resa di volumi e forme».
«Ma quando abbiamo deciso di aprire uno spazio nostro, dopo aver venduto attraverso altri negozi e fatto eventi a Milano e Vienna, per cercare un rapporto con il cliente, l’abbiamo voluto realizzare a Venezia», raccontano ancora Ma’ e Va’, «la nostra filosofia per il nostro brand è “rallentata”: pochi capi, un approccio lento, per qualità lavoro, scelta tessuti, per offrire spesso capi unici. Crediamo in un consumo attento e consapevole, ci piace raccontare i nostri abiti. Cerchiamo di creare abiti che durino a lungo e possano essere indossati nelle più svariate occasioni. Nella creazione, realizzazione e nella scelta del tessuto ricerchiamo un approccio sostenibile. Scegliamo tessuti da produttori veneti che con una forte consapevolezza, fanno ricerca per un tessuti ecologici».
Così l’incontro con la Berto industria tessile di Bovolenta «che produce il denim lì dove è nato 130 anni fa e utilizza coloranti naturali, con cotone biologico e l’indaco di provenienza vegetale, senza trattamenti chimici. Per le lane, lavoriamo con il Lanificio Paoletti di Follina di Treviso, che tesse la lana delle pecore di Alpago, di un allevamento biologico del bellunese. Poi ci appoggiamo ai piccoli produttori di ReLive Tex, che recuperano filati o tessuti da grosse produzioni, che così - invece di andare al macero - vengono rimessi nel mercato, dando una seconda opportunità a questi tessuti e non farli diventare rifiuti». — © RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli rimanenti
Accesso illimitato a tutti i contenuti del sito
1€ al mese per 3 mesi
Sei già abbonato? Accedi
Sblocca l’accesso illimitato a tutti i contenuti del sito
I commenti dei lettori