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«Una sezione contro» Storia della Lenin e Amarcord veneziano

Un libro della memoria nei cento anni del pci

Alberto Vitucci
2 minuti di lettura

VENEZIA

Giuseppe Stefani, detto Bepi “Carta”, faceva le prime tessere nella sua cartoleria di San Polo e le segnava su un quaderno. Romano Zaffalon nel negozio di profumeria di fronte gli dava una mano, Insieme a Bepi Reato, Renato Rizzo. Erano i primi nuclei del partito comunista veneziano. La grande lucidità e la memoria storica di Lia Finzi, 93 anni, assessore nelle giunte di sinistra, tra i fondatori del Pci, ripercorre le tappe degli anni d’oro della sinistra. Un boom di iscritti che in provincia sfioravano i 30 mila negli anni Cinquanta. Gli anni delle lotte operaie, e dei diritti civili, poi del governo delle giunte di sinistra.

L’occasione è la presentazione del volumetto «Una sezione contro», storia della sezione del Pci Lenin di San Polo-Santa Croce. Sala affollata, pur nel rispetto delle norme Covid al circolo Trentin di Strada Nuova. Il libro, «opera collettiva» coordinata da Paolo Cacciari, è edito dalla Fondazione Rinascita. Pierangelo Molena, presente in sala, invita a raccogliere testimonianze, volantini, manifesti anche delle altre sezioni della città per continuare l’opera di «conservazione della memoria» Nelle vecchie foto in bianco e nero si riconoscono personaggi come Nico Luciani, Momi Federici, Gianni Fabbri, Luigi Nono, Luciana De Fanti, Maria Grazia Madricardo, Marina Pasquettin-Petternella. E tanti altri. La sezione di San Polo era un luogo speciale. Resistono i «cimeli» , le grandi foto degli anni Cinquanta, le falci e martello, i volantini che incitano alla lotta. Sezione di «intellettuali e donne», motore di una rinascita sociale e intellettuale della città.

Il libro raccoglie testimonianze di personaggi fondatori. Come Lidia Scanferla, moglie di Cesco Chinello, Carlo Dell’Olivo, Sergio Spirch, Vittoria Gosen, Pietro Luka, Marilena De Langers, Massimo Bollato, Paolo Cacciariu, Luciana De Fanti. Foto di manifestazioni che allora riempivano i campi veneziani. Come i funerali di Pietro Longo in campo Santo Stefano e quelli di Bepi Carta nel dicembre 1978, in un campo San Polo innevato e pieno di bandiere che sembra la Piazza Rossa. Gli anni dei collettivi studenteschi nelle vicine università Ca’ Foscari e Iuav, delle manifestazioni contro la guerra in Vietnam e per la legge sul divorzio. Gli anni in cui la politica era una forza viva. C’erano le scuole quadri e le sezioni attive, dove si discuteva e si proponeva. «Il partito non era affatto un monolite», dice Cacciari, «si discuteva sui problemi». Con grande partecipazione.

Poi arriva la diaspora, con le espulsioni del gruppo del Manifesto, le divisioni interne, i cossuttiani e gli ingraiani, contrari alla svolta di Occheto della Bolognina, che aveva sancito la fine del partito Comunista. Una forza che a Venezia ha ispirato movimenti e lotte, che ha governato dal 1975 al 1985 con la giunta di Mario Rigo e il suo vicesindaco Gianni Pellicani. Una città da sempre all’avanguardia nella politica nazionale. Con la prima giunta di sinistra e poi il primo governo “rossoverde” guidato da Antonio Casellati. Ricordi e non solo, in una sezione – oggi si chiamano circoli – affollata come ai vecchi tempi. Nel 1956 il Pci contava nella provincia di Venezia 25,920 iscritti, più della metà degli abitanti della Venezia di oggi. Un numero che andrà poi riducendosi negli anni Sessanta, per poi risalire nel 1975-76 e tornare su quota 21 mila. «Oggi gli iscritti al circolo del Pd sono un centinaio. Ma l’attività è ripartita con entusiasmo. —



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