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Ex beni militari a Venezia e Mestre. Corsa contro il tempo per dare un futuro alla Caserma Pepe

Da gloriosa sede dei Fanti da mar e dei Lagunari alle mire cinesi. La geografa Zanutto: «L’ultimo bando per l’edificio è andato deserto. C’è assolutamente bisogno di trovare al più presto una visione»

Vera Mantengoli
1 minuto di lettura

LIDO. La Caserma Pepe  e Forte Marghera  al centro di due interventi all’interno del convegno “Quale futuro per le aree militari dismesse? ” a cura di Francesco Gastaldi e Federico Camerin, all’università di Architettura Iuav.

Per la Caserma Pepe interviene la geografa Francesca Zanutto, professoressa di Geografia economica a Torino e già nel comitato scientifico della onlus Fismed. «Bisogna focalizzare  alcuni temi come il bene comune, la riforma del terzo settore, il ruolo delle università e la collaborazione tra pubblico e privato» spiega la docente originaria di San Donà di Piave. «L’ultimo bando per la Caserma Pepe è andato deserto e il tempo passa. C’è assolutamente bisogno di trovare una visione perché altrimenti il rischio è che la struttura venga abbandonata».

Zanutto presenta alcuni spunti di riflessione, come quello sui “Patti di collaborazione” tra amministrazione e cittadini per la gestione e rigenerazione del bene comune urbano. Il secondo spunto sarà sulla Riforma del Terzo Settore sta rivedendo le norme anche fiscali collegate al no profit e l’impresa sociale. «L’intervento legislativo però non è ancora completo, in quanto è stata nuovamente prorogata la scadenza che prevede l’allineamento degli statuti di Onlus, associazioni di promozione sociale, e organizzazioni di volontariato, alle prescrizioni del Codice del Terzo settore» spiega.

L’esempio della Caserma Pepe è indicativo per tante altre caserme dismesse la cui riqualificazione unisce il micro con il macro, la caserma con la città, la città alla regione e la regione all’Italia. Per quanto riguarda invece Forte Marghera la professoressa di Restauro architettonico all’Università Iuav Sara Di Resta porta il lavoro di circa 200 studenti che, grazie alla convenzione tra Forte Marghera e Iuav per lo studio del patrimonio del Novecento, hanno avviato una campagna di rilievo dettagliatissima sugli edifici 29, 35, 39 e sulle cosiddette basi di cannone. «Gli studenti hanno fatto un lavoro sull’accessibilità, la musealizzazione di edifici più piccoli e l’uso di strutture che possono essere montate e smontate» anticipa la docente. Gli universitari hanno potuto così mettersi in gioco proprio sulla materia del restauro tenendo presente che tutto il Novecento è vincolato.

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