Camorra a Bibione, nelle intercettazioni tutte le minacce: «Bruciamole il locale: un litro di benzina e prende tutto fuoco»
Nel mirino la referente dell’associazione che non voleva sottostare alle regole. Lei: «Mi sembrava un film di mafia»
Francesco Furlan, Rosario Padovano
BIBIONE. Avevano pensato di incendiare il suo locale, il Metrobar di Bibione, perché non voleva scendere a “più miti consigli”. Non voleva ammettere al mercatino quegli ambulanti campani che facevano la voce grossa, volevano dettare le regole, ma non avevano mai pagato la quota associativa di partecipazione. Stefania Dolci, 46 anni, è l’imprenditrice del settore ristorazione, residente a Trieste, vice presidente dell’associazione “Pro Lido del Sole”, che non si è piegata al gruppo criminale. E così in una telefonata del 16 dicembre 2019 Pietro D’Antonio e Raffaele Biancolino progetto di incendiarle il locale. Come ritorsione della lettera inviata dal legale dell’associazione per regolarizzare le loro quote associative.
Biancolino: «Ma quella si deve togliere pure, ci deve dare a noi tutte le cose... dobbiamo fare tutte le cose noi! Si deve togliere di mezzo!». (...)
D’Antonio: «La prima cosa gli devo fare un dispetto sopra il ristorante là, al Lido». (...)
D’Antonio: «Che ci vuole a bruciarglielo».
Biancolino: «Glielo dobbiamo far fare! Glielo dobbiamo far fare!»
D’Antonio: «Che ci vuole? Un litro di benzina, butti la bottiglia accesa...»
Biancolino: «Bravo»
D’Antonio: «La sbatti, quella prende fuoco tutto, lei e tutto il ristorante!».
Poco dopo le 13 di ieri la donna era incollata alla tv, a seguire i servizi sull’operazione della Dia. «Io su questo non ho molto da dire». Come mai - si chiedono in molti - c’erano tutti questi interessi per un piccolo mercato come quello di Lido del Sole? «Questa domanda ce la stiamo ponendo anche noi», aggiunge, «Davvero non lo sappiamo. Sappiamo solo che sono coinvolte persone che si conoscono, e proprio per questo non vogliamo aggiungere altro. La stagione è andata bene, ma è stata una stagione, come dire, un po’ complicata, diciamo così». L’obiettivo del gruppo guidato da D’Antonio era quello di mettere la donna con le spalle al muro ma, nonostante alcuni incontri, non ci riescono. «Venire qua e porre delle condizioni non è mettere pace», risponde lei a D’Antonio che le ha chiesto un incontro il 10 agosto dell’anno scorso. E ancora: «Imporre le idee su cosa fare su suolo pubblico io non lo so». Dolci si difende, ma avverte il tono minaccioso, anche senza sapere D’Antonio e i suoi volevano bruciarle il locale. Tanto è vero che, ascoltata dagli investigatori il 14 agosto dell’anno scorso, aveva spiegato di temere ritorsioni per il suo locale. «Mi sembra di vivere un film di mafia».
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Non c’è solo Dolci nel mirino del gruppo criminale, ma anche l’assessore al Commercio, Annalisa Arduini, che i campani cercano di coartare - come indicano gli inquirenti - per favorire proprio i venditori ambulanti di origine campana residenti a Bibione esclusi dalla manifestazione, in particolare in riferimento alla posizione di Salvatore Carrano, escluso perché gravemente moroso nel pagamento della quota all’associazione. Telefonate e contatti che esasperano l’assessore, che viene anche pedinata. Tanto che è lo stesso assessore a lamentarsi con il comandante della polizia locale, Valter Cremasco. Dice l’assessore Arduini:
«Sta esagerando, adesso la deve smettere, devono smetterla tutti perché questo che mi pedina in giro per il mercato per vedere dove sono e mi acchiappa alla fine e mi dice di chiamar l’altro, dopo improvvisamente spunta un numero e questo mi chiama! Oh, ragazzi, non siamo mica a Scampia eh! Oh? Ma che robe sono?».
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