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A Stra l’allarme per il calzaturiero: «Figli incapaci di gestire bene le aziende lasciate dai padri»

La Femca Cisl: «Il passaggio generazionale sia affiancato da manager preparati». Per il sindacato in un decennio sono state perse 100 aziende per mala gestione

Alessandro Abbadir
1 minuto di lettura

STRA. «Nel comparto calzaturiero serve un completo cambio di mentalità. Su 550 aziende presenti nel distretto della Riviera, l’80% è a conduzione familiare. Parliamo quindi di oltre 400 realtà. Per reggere i tempi attuali serve non solo un passaggio generazionale, ma anche un affiancamento di manager preparati se questo non bastasse. Stimiamo che la mancata gestione oculata del patrimonio aziendale abbia portato alla chiusura in un decennio di oltre un centinaio di aziende».

L’analisi è di Cristina Gregolin del direttivo metropolitano del sindacato Femca Cisl. La sua riflessione si incrocia anche con quella di altri analisti del settore che sottolineano la debolezza intrinseca della struttura di tipo familiare in Italia. Il distretto della calzatura della Riviera conta 10.000 dipendenti e 550 aziende distribuite a cavallo fra il Padovano e il Veneziano, soprattutto nei comuni di Fiesso, Stra, Fossò e Vigonovo.

«Quello che serve capire», continua la Gregolin, «è che in un mondo globalizzato si resta sul mercato solo se si investe in tecnologia e innovazione e se si hanno le competenze per leggere le complesse realtà dei mercati e le loro variabili. Piccole o medie aziende a conduzione familiare a volte scelgono la scorciatoia dell’abbassamento del costo del lavoro per restare a galla. Una strada senza via d’uscita, un rimedio solo temporaneo perché si pone in concorrenza con Paesi in cui la manodopera costa nettamente meno che qui».

Quello che non è stato fatto è, per il sindacato, un salto culturale. «Purtroppo dopo la generazione dei nonni e dei genitori che hanno portato avanti le aziende con grandi sacrifici, creandole in realtà contadine nel dopoguerra e negli anni Sessanta», continua la Gregolin, «questi patrimoni di sapere produttivo e di esperienze non di rado arrivano nelle mani di giovani, quasi sempre figli o nipoti dei titolari, che fino a quel momento dell’azienda non si erano occupati».

Ci vorrebbe in questo momento la capacità dei padri, per il sindacato, di affidare almeno in una fase di accompagnamento l’azienda a manager esterni, preparati per formare le giovani generazioni alle complessità della sfida del mercato.

«Nel corso di oltre un decennio», conclude la sindacalista della Femca Cisl, «si stima che circa un centinaio di aziende ha dovuto chiudere i battenti per una gestione poco accorta che è arrivata dopo il passaggio generazionale». Problemi di questo genere non possono certo essere addebitati ai grandi brand che formano invece manager anche a livello internazionale

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