Polemica sulle maxi torri. «A Mestre è giusto andare in verticale. Ma qui i palazzi si mettono a caso»
Il dibattito sul grattacielo da 70 metri approvato dal consiglio. L’urbanista Roberto D’Agostino: «Una scelta sbagliata. E non è l’unica»
Mitia Chiarin
MESTRE. Con lo scontro in consiglio comunale sulla torre di 70 metri in viale San Marco, Mestre torna ad interrogarsi sullo sviluppo in verticale. Tema che da decenni coinvolge, e divide, l’opinione pubblica. Anche le giunte del passato si divisero sul tema. «Boato e altri, ricordo, erano contrari al superamento di determinate altezze perché ritenevano fosse il via libera a fattori speculativi. In realtà il problema non è l’altezza. Il problema è che non si può collocare una torre in un qualsiasi punto di Mestre».
A dirlo è l’urbanista Roberto D’Agostino, ex assessore delle giunte di centrosinistra. Si dice contrario «alla scelta di viale San Marco», ma non è chiuso al confronto su edifici di altezze considerevoli in altre parti di Mestre. Il problema, avvisa, «è che serve un disegno complessivo della città che da troppi anni manca».
D’Agostino, cosa pensa del progetto della torre di viale San Marco?
«Il progetto dei dettagli ancora non lo conosco. Quindi mi limito a dire che in viale San Marco il progetto, pregevole, del villaggio firmato da Samonà ha già previsto delle altezze e quindi non ha senso intervenire su una zona che ha un suo assetto ben precis o e decisamente pregevole. Inserirvi una torre di 70 metri è sbagliato per principio. Ci sono altre zone utilizzabili».

Lei non è contrario ad andare in altezza a Mestre.
«Certo: ci sono zone considerate in cui inserire una torre può essere utile. Penso per esempio ai due lati della stazione ferroviaria. Ma ci vuole un progetto di città da cui partire. Prendiamo ad esempio lo sviluppo della città di Boston: lì la downtown va in altezza con tantissimi grattacieli ma il centro storico è rimasto tutelato e non modificato. Si è intervenuto in parti determinate della città con un disegno».
La questione che si pone nel dibattito cittadino, quindi, quale è, secondo lei.
«Il problema non è la altezza di un edificio. Il fatto è che serve un disegno, lo ribadisco: una torre non si può mettere in un qualsiasi punto della città. Così come è sbagliato creare un distretto alberghiero a sé stante. Serve un disegno complessivo. Ed è quello che manca».
Intuisco che lei non è d’accordo con i limiti che chiede di porre alle altezze anche l’Unesco.
«Non ha senso un diktat simile. Avrei capito con la torre di Cardin alta 250 metri ma così no. Ripeto a Mestre è possibile andare in altezza. Dipende dal luogo che si sceglie».

Di cosa ha bisogno la città.
«Mestre ha bisogno di vedere utilizzare aree centrali come è quella di viale San Marcon con finalità diverse. Il tema delle case alte o basse chiama in causa la necessità di una programmazione urbanistica. Ma a Venezia non si fa più programmazione urbanistica da troppi anni. Si interviene per spot. Gli ultimi piani li ho fatti io vent’anni fa, oramai. Serve ripensare alla forma urbana della città con una vera pianificazione urbanistica. Le faccio un esempio di cosa sta avvenendo oggi, invece».
Dica pure.
«Noi avevamo previsto che il traffico di accesso a Venezia avvenisse da fuori, da Fusina o da Tessera. Invece oggi puntano sui terminal ai Pili e a San Giuliano con un nuovo garage a piazzale Roma. In termini pratici, significa che 800 mila persone in più sono spinte verso piazzale Roma passando per Mestre con un traffico indotto che nulla ha a che fare con la città. Un traffico improprio che penalizzerà Mestre tanto quanto Venezia».
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