Grandi navi a Venezia: alternative a San Marco, bocciato il progetto Vecon
«Non ci sono le condizioni». Si lavora su Marghera-Canale Industriale Nord, ma ci vorranno almeno due anni. Entro maggio il bando sulle proposte definitive
Alberto Vitucci
VENEZIA. Grandi navi a Marghera, ma non prima di due anni. È caduta l’ipotesi di sistemare per il breve periodo la banchina della Vecon.
«I lavori non sarebbero sufficienti, e in periodo di Covid non ci sono le caratteristiche necessarie», dice la commissaria dell’Autorità portuale Cinzia Zincone. Dunque il Porto, che tra qualche settimana vedrà arrivare il nuovo presidente designato Fulvio Lino Di Blasio, ha scartato questa idea, che pure era stata indicata dal Comitatone del 21 dicembre presieduto da Giuseppe Conte e poi dal governo Draghi.
Si va avanti con il bando per la progettazione del nuovo terminal in Canale Industriale Nord-Sponda Nord, sempre a Marghera. Ipotesi che non va bene agli ambientalisti.
Ma che secondo i tecnici dell’Autorità portuale potrebbe anche diventare definitiva. Anche qui però ci vorranno almeno due anni di lavori. E lo scavo di milioni di metri cubi di fanghi inquinati e di terreni, per allargare la banchina. Nel frattempo, le grandi navi che hanno annunciato il loro ritorno in laguna (due Msc e due Costa ) continueranno a ormeggiare in Marittima, entrando dal bacino San Marco e dal canale della Giudecca.
Alternative ferme al palo, dunque. Entro la fine di maggio dovrà essere ultimato il bando di gara internazionale alla ricerca della soluzione definitiva per l’ormeggio delle grandi navi passeggeri. L’indicazione è quella di trovare una soluzione fuori dalla laguna. Ma nel bando dovranno essere comprese anche le proposte già fatte. E, soprattutto, gli studi e l’elenco dei “documenti esistenti”. Non si partirà da zero, e nel bando di gara ci sarà anche l’indirizzo politico dell’amministrazione.
Preliminari, dunque. Perché alla fine la procedura di scelta delle proposte non potrà essere avviata prima della fine dell’anno. Tra queste c’è anche quella di Marghera. Sostenuta dal Comune e dagli operatori delle crociere, dalla Regione e dalla Lega. Combattuta dai comitati e dalle associazioni ambientaliste. Ma anche da scienziati come il professor Luigi D’Alpaos, che lancia l’allarme sulle conseguenze del passaggio delle grandi navi all’interno della laguna.
«In un prossimo futuro», avverte D’Alpaos, «la scelta di portare il porto fuori dalla laguna sarà obbligata, visto l’aumento del livello del mare e dunque la necessità di chiudere sempre più spesso le bocche di porto» . Lo si è visto già nell’inverno scorso, con frequenti acque alte provocate dai cambiamenti climatici e dall’aumento del livello medio del mare.
Marghera. Ma sul piatto delle alternative ci sono anche altre soluzioni, già percorribili. Come quella delle nuove banchine al Lido-San Nicolò, davanti all’isola artificiale del Mose. Terminal gettato dal gruppo genovese Duferco su idea di Cesare De Piccoli. Oppure l’avamporto galleggiante, sperimentale e rimovibile, proposto da un gruppo di progettisti coordinati da Stefano Boato, Vincenzo Di Tella e Carlo Giacomini.
Infine la soluzione più drastica. Il porto in mare, nell’off shore che dovrà essere progettato per le grandi navi portacontainer transoceaniche. Oppure a Santa Maria del Mare, dove adesso si trovano i blocchi in cemento usati per la costruzione dei cassoni del Mose. E soluzioni intermedie, come San Leonardo. Per adesso sono solo “progetti per il futuro”. Il rebus grandi navi è ancora irrisolto.
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