Civile, un medico su due vive in terraferma
La denuncia del segretario del Cimo Giovanni Leoni: «Comune e Usl lavorino per affitti agevolati e bonus residenziali»
Eugenio Pendolini
Le ricadute dello spopolamento di Venezia città storica sulla sanità pubblica. Abbattuta quota 51 mila abitanti, ora all’allarme di associazioni e residenti si aggiunge quello lanciato da Giovanni Leoni, segretario del Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri Veneto (Cimo), secondo cui l’ospedale Civile in campo San Giovanni e Paolo si regge quasi esclusivamente grazie a medici pendolari. Sintomo di una città considerata “scomoda”. E che quindi rischia di perdere servizi, posti di lavoro e residenti. Secondo un’analisi di Cimo Veneto, l’esodo da Venezia ha inciso anche sul personale sanitario presente nell’Ospedale Civile di Venezia (oggi sono circa 130 medici con molti primari a scavalco cioè primari sia a Venezia che a Mestre).
Negli ultimi 10 anni, i medici con domicilio e residenza a Venezia si sono ridotti al 30% di quelli in servizio. I medici provenienti dalla terraferma ma con domicilio a Venezia per motivi lavorativi, risultano essere circa il 50%, il rimanente 20% appartiene alla categoria dei veri e propri pendolari. Da ciò, si capisce come il 70% della forza lavoro sia sostenuta da personale esterno.
«La grande maggioranza di tutto il personale sanitario che regge il servizio ospedaliero a Venezia» spiega Leoni, veneziano e residente in città, «ha un viaggio di trasferimento da Piazzale Roma o dalla stazione Santa Lucia che prevede successivamente almeno 40 minuti a piedi o con il vaporetto fino all’Ospedale. Quindi si arriva ad oltre un’ora prima e dopo un turno di 8-10-12 ore. Se prima della pandemia era drammatica la condivisione del viaggio casa-lavoro con i 30 milioni di turisti a Venezia, in particolare d’estate, ora si ha il problema delle corse ridotte per cui non resta altro che, per molti, una passeggiata di 30 - 40 minuti 2 volte al giorno. E’ un rito che, dopo un turno di lavoro, sia con condizioni atmosferiche favorevoli che avverse, alla lunga stanca».
Per il segretario di Cimo Veneto, le radici del problema affondano nel passato. Nel 1960 il centro storico aveva 145 mila residenti e l’estuario 49 mila. Negli ultimi anni le presenze in centro storico superano di poco i 50 mila abitanti e con l’estuario si arriva a circa 80 mila residenti complessivamente. Un trend costante, che finora non è stato invertito.
«Tornando al problema carenza dei medici» aggiunge Leoni, «l’unico ospedale per acuti a Venezia è quello di San Giovanni e Paolo, con il caso dell’Urologia, oggi senza primario, con un solo medico in servizio ed uno in malattia, partendo dai 7 di pochi anni fa». Secondo il segretario del Veneto bisognerebbe aiutare il personale pendolare con agevolazioni, con contributi per avere case in affitto: «Se Usl 3 Serenissima ed il Comune trovassero un accordo tra di loro, ed investissero in questo senso» conclude Leoni, «non solo ci guadagnerebbe l’ospedale ma ci guadagnerebbe anche Venezia in termini di nuovi residenti». —
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