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Traffico di carburante dall’Est anche la mafia faceva affari

Dopo l’inchiesta di Venezia analoga operazione della procura antimafia di Catania Il meccanismo è sempre lo stesso. Gli investigatori e l’ipotesi di un’unica regisa

Carlo Mion
2 minuti di lettura



La mafia come le imprese veneziane che facevano soldi evadendo l’Iva nel commercio di carburanti. Due giorni dopo la conclusione delle indagini della Guardia di Finanza di San Donà, ieri i sequestri di beni della Dda di Catania anche in Veneto al clan Scalisi di Cosa Nostra. Beni provenienti dal traffico illecito di carburanti. Da tempo chi si occupa di combattere la criminalità organizzata assiste all’azione di clan che hanno messo radici nell’est Europa e fanno affari nell’import-export verso l’Italia di derivati del petrolio con le stesse modalità fraudolenti di criminalità comune e imprenditori che truffano lo Stato e danneggiano il mercato. Gli investigatori, in particolare della Guardia di Finanza, non hanno ancora capito se dietro al fenomeno ci sia un’unica regia. Sta di fatto che modus operandi, prodotti trattati e fonti di approvvigionamento sono sempre gli stessi: fatture false generate da aziende cartiera, carburante come bene da commerciare destinato alle “pompe bianche” e raffinerie con sede nell’est Europa.

Due giorni fa la Finanza ha concluso le indagini indagando dieci persone, tra queste diverse teste di legno italiane e albanesi e alcuni noti imprenditori del settore carburanti residenti nel Sandonatese. Devono rispondere, a vario titolo, di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali dei redditi e dell’Iva, presentazione di dichiarazioni fiscali infedeli, omesso versamento dell’Iva dovuta, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e occultamento di scritture contabili finalizzato ad impedire la ricostruzione della movimentazione dei prodotti petroliferi commercializzati. Durante le indagini durate oltre un anno sono stati sequestrate quattro autocisterne cariche, ciascuna, di 30mila litri di carburante. Sequestri compiuti per verificare se realmente il traffico di carburante destinato alle “pompe bianche” aveva le caratteristiche fraudolenti che emergevano dall’analisi documentale di quanto trovato durante gli accessi nelle varie aziende. Alla fine sono state documentate fatture false per 113 milioni di euro. Queste vogliono dire: un’evasione da 23 milioni di euro, a cui si sommano altri 20 milioni di IVA non versata e ben 25 milioni di euro di proventi illeciti. Le fatture false servivano per non versare l’Iva e quindi rendere il carburante alla pompa più conveniente di quello immesso dai fornitori che l’imposta la versavano. Per ogni carico da 30mila litri acquistato in questo circuito fraudolento il benzinaio risparmiava 700 euro rispetto al prezzo di mercato.

Ieri un’indagine parallela ha portato al sequestro di beni per 12 milioni di euro. Anche in questo caso in azione la Guardia di Finanza in sette province di sei regioni e in Albania, con la collaborazione di Eurojust, nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Catania sul clan Scalisi, appartenente alla “famiglia” Laudani. I provvedimenti patrimoniali in materia di antimafia, eseguiti da militari delle Fiamme gialle, riguardano quote societarie e compendi aziendali del settore dei trasporti e della commercializzazione dei prodotti petroliferi riconducibili a imprenditori ritenuti legati alla cosca. I sequestri sono avvenuti a Catania, Roma, Milano, Novara, Udine, Varese e Verona, oltre che in Bulgaria. Interessate dai sequestri anche l’Immobiliare International S.r.l.s. Con aede a Verona; e la Petrol Group S.r.l. di Cologno Monzese. Ed è proprio questa ditta che riporta all’import di carburanti dall’est Europa e al traffico coperto da fatture false. Questa stessa azienda si approvvigionava in Polonia, Croazia e Slovenia. Nelle stesse raffinerie già emerse in altre indagini. Mentre la DDA di Catania è riuscita a intaccare parte della patrimonio messo assieme in maniera fraudolenta dal clan, a Venezia, tranne i carichi di carburante bloccati a suo tempo, non è stato sequestrato altro. —

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