Due ingegneri pubblici sotto accusa «Inadeguata indagine sul suolo»
r.d.r.lido
Udienza via web, ieri, per il processo in Corte dei Conti sul “buco” del Lido e il mai nato nuovo palazzo del Cinema, indagine nata da un esposto del Codacons: il cerino in mano è rimasto a due ingegneri pubblici, con il vice procuratore generale Giancarlo Di Maio che ha citato a giudizio l’ex responsabile unico del procedimento Fabio De Santis e l’ex coordinatore della struttura di missione, Raniero Fabrizi, contestando loro un danno di 4,190 milioni di euro, al 70% in carico all’ingegnere ex-Rup e per il 30% al coordinatore.
Loro - sostiene l’accusa - «la responsabilità per essere stata posta alla base dei lavori intrapresi una progettazione esecutiva viziata e lacunosa», perché a loro «competevano compiti di verifica e controllo dell’adeguatezza e completezza degli elaborati progettuali». In sostanza, la Procura contesta la mancata previsione di indagini archeologiche preliminari sul sito che avrebbero permesso di scoprire la discarica di amianto nascosta nella terra davanti al casinò del Lido, che - tra bonifiche e contenziosi giudiziari con l’impresa - paralizzò il cantiere e fece levitare le spese, fino alla decisione di rinunciare all’opera che avrebbe dovuto inaugurarsi in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Per il vice procuratore Di Maio, il danno per l’erario è maturato proprio nel momento in cui si è deciso di rinunciare al progetto, rendendo inutili una parte degli oltre trenta milioni spesi. A febbraio del 2020, aveva così inviato un “invito a dedurre” a 13 tra commissari e subcommissari, rup, membri della commissione tecnica, contestando 12 milioni di danno erariale. Per undici ha accettato le loro difese: sono rimasti Rup e coordinatore di missione. Per il 50% del danno, la Procura ha ritenuto responsabile l’impresa, autrice del progetto esecutivo, ma estranea al procedimento contabile. Altri due milioni li ha imputati al caos di un procedimento in capo a una organismi (struttura di missione, coordinatore struttura di missione, commissari straordinari, comitato tecnico, commissione consultiva) di Stato, Regione, Comune, privati. Restano così nel setaccio 4 milioni.
Le difese contestano che vi sia nesso causale tra la mancata caratterizzazione archeologica e la decisione finale di rinunciare a realizzare il nuovo Palazzo del cinema e, in ogni caso, sostengono che le accuse siano ormai prescritte. In una memoria, De Santis si era difeso sostenendo di aver recepito le proposte degli enti coinvolti. Fabrizi di essere stato «l’ultimo formale segmento amministrativo di un iter» affidato a soggetti diversi. Ora la parola spetta ai giudici della Corte. —
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