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Venezia riparte. Le idee, le anticipazioni, i programmi per il post Covid

Casa, lavoro, industria turistica, porto e tanto altro nelle analisi di chi sta portando avanti i progetti dal basso per la città

Ugo Dinello
7 minuti di lettura
Riparte? Non riparte? Se dicono che Venezia è un pesce allora ammetteranno che non si è mai fermata. Un pesce può nutrirsi, può girare, riprodursi, scappare ai predatori, cercarsi nuovi spazi e nuove opportunità, ma qualcosa ha sempre da fare.
 
Anche nell’acquario della pandemia questo viene fatto da una città che si è trovata per un anno bloccata in quella che aveva scelto come sua unica ragione di vita: la pecunia del turismo.
E allora se Venezia cerca di ripartire, come vuole ripartire?
 
Politici forse poco amministratori, più attenti alla base elettorale che al futuro, hanno lasciato fare. Non hanno mosso un dito di fronte all’invasione che da anni porta, in quella che per numero di abitanti è una modesta cittadina, un fiume di milioni di visitatori ogni anno.
 
Non hanno mosso un dito nemmeno per riportare qualche abitante in più, per offrire quella risposta abitativa che cerca una coppia che ambisca a un tetto sulla testa per un progetto di famiglia.
 
Non hanno fatto nemmeno altro per fermare il declino del censo della città. Da un centro attivo abitato da una borghesia fatta di impiegati e funzionari di imprese commerciali, portuali, bancarie, di servizi, pubbliche a un popolo di affittacamere e addetti ai servizi turistici, dove il ceto medio sta scomparendo.
 
Per rendersene conto basta vedere il futuro che si propone al Lido: da un ospedale al Mare fiore all’occhiello della sanità reumatologica, in cui lavoravano medici e infermieri professionali, a futuro centro di vacanze per ricchi, in cui lavoreranno un direttore e tanti camerieri ai piani.
 
A questo fa sponda un impoverimento culturale della città: le nuove generazioni sono state sempre più attratte dai soldi facili permessi da un turismo dai grandi numeri rispetto alle entrate offerte da professioni che in più necessitano di una solida preparazione, sia di tipo artigianale che scolastico.
 
La prima cifra con cui confrontarsi, in un’ideale scala dei bisogni, resta quella della casa: per avere una città viva devo avere famiglie, per avere famiglie devo avere case.
 
Silvia Jop, veneziana che in un determinato periodo si era trasferita per motivi di lavoro a Roma, al suo rientro non è stata in grado di trovarne una in affitto. Le agenzie si rifiutavano anche di fargliele vedere non appena capivano, dall’accento, di trovarsi di fronte a una veneziana. Le case venivano riservate solo a turisti.
 
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Il secondo passo per una comunità è quello del lavoro. Negli ultimi decenni Venezia ha visto da un lato le aziende e gli enti scappare dal centro storico, dall’altra i suoi giovani più preparati doversene andare in terraferma per trovare lavoro. “Irraggiungibile, impossibile lavorarci” era il verdetto. L’unica offerta residuale era quindi il turismo, lavori per la maggior parte a bassa professionalità, molto soggetti alle fluttuazioni di mercato e quindi rientranti dei “bad jobs”, quelli in cui la discriminante è il costo unitario del lavoro. L’ambasciatore Gianpaolo Scarante, venezianissimo presidente dell’Ateneo Veneto, nota come la pandemia abbia obbligato le imprese e gli enti a fare il “grande salto” verso il telelavoro. Questo permetterà anche a Venezia di essere appetibile per le fasce più creative, quelle dove le professionalità acquisite sono le variabili più importanti.
 
 
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Il terzo scalino per una comunità che voglia prosperare è avere obiettivi condivisi e quindi un leader che sappia farli sentire di ognuno e che sappia far valere questi obiettivi anche all’esterno. Negli anni Settanta Venezia poteva annoverare tra gli esponenti di governo nazionale Bruno Visentini, negli anni ottante Gianni De Michielis, negli anni novanta Massimo Cacciari. Dal Duemila in poi c’è stato un vuoto desolante. Cosa deve avere un leader per essere tale? Enrico Cerni, uno tra i più abili formatori italiani è anche coautore del libro “Ulisse, parola di leader” che, partendo dalla rilettura dell’Odissea arriva a spiegare con linguaggio semplice cosa ha spinto un gruppo di persone a seguire Ulisse in una guerra durata 10 anni, poi in un viaggio di altri 10 anni e infine altre ancora ad aiutarlo nel ritorno al potere. Con una domanda: l’attuale sindaco Brugnaro ha le doti di un leader?
 
 
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Dopo casa, lavoro e leader la comunità si appresta a un altro passo molto importante: la socializzazione. Venezia ha sempre curato molto questo aspetto con una serie di eventi che l’hanno resa celebre nei secoli, ma che avevano prima di tutto lo scopo di cementare il suo strato sociale. L’esempio più conosciuto è stato il Carnevale, il divertimento fine a se stesso, rielaborato con spettacoli per strada che l’hanno giustamente reso celebre. Per questo associazioni chiamate “Compagnie di calza” riunivano intellettuali, avventurieri, viveur in allegre brigate capaci di proporre eventi, molto spesso irriverenti ma mai sopra le righe, in grado di divertire e al tempo stesso fare pensare. In questa intervista, fatta il giorno di Martedì grasso, Luca Colferai il presidente dell’ultima compagnia di calza rimasta, “I antichi”, arriva a proporre l’abolizione del Carnevale, ormai ridotto a spettacolino idiota per turisti, accuratamente evitato dai veneziani.
 
 
 
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Ma se il turismo ha invaso la città c’è anche chi, oltre a viverne, cerca di proporre comunque, anche in tempi di pandemia, alternative per una fruizione della città che permetta di coglierne la complessità architettonica, artistica e storica. Elisabetta Ferrari, delle Best Venice Guides, le guide che hanno superato in laguna un durissimo esame di ammissione, spiega l’idea delle visite accompagnate e programmate a prezzi popolari.
 
 
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Entriamo nel “girone” successivo: come uscire dalla crisi economica dovuta alla pandemia evitando di ripetere gli errori che hanno portato il turismo di massa a rendere Venezia una città invivibile per i suoi abitanti ma anche per i suoi stessi visitatori, con gravi danni economici, ad esempio ai suoi grandi alberghi.
Fabio Moresco, cantante tenore, è stato tra i primi a pensare a società di eventi dedicata a Venezia. La sua Venezia Classic dagli inizi degli anni 90 si è importa nel campo dello spettacolo e delle feste. La sua ricetta: tornare a quella che era la specialità di Venezia nei secoli: attirare i talenti che cercavano qualità e che poi ritornavano per veri e propri periodi di formazioni. Non a caso Venezia era “capitale” di musica, teatro e feste.
 
 
 
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Parlare di turismo porta a pensare alla pandemia di Covid che ha spento la città. Claudio Scarpa, direttore dell’Associazione veneziana albergatori (seconda in Italia per numero d’iscritti) è la persona che può anticipare quando ripartirà il flusso turistico a Venezia. In questa intervista, oltre a spiegare i mesi in cui i turisti torneranno e con che modalità, anticipa però anche come dovrà essere organizzata l’accoglienza dei visitatori “diurni” per non tornare al caos che aveva reso la città invivibile per gli abitanti e anche per gli stessi ospiti. Il piano dei tre terminal organizzati, in grado di liberare l’asse piazzale Roma, Canal Grande, San Marco unito a regole sull’offerta di affittacamere ed extralberghiero è uno dei punti su cui la città si confronterà nei mesi ed anni a venire.
 
 
 
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Non si fa attendere la risposta di Ondina Giacomin, la battagliera presidente dell’Abbav, l’associazione dell’extralberghiero più importante del Veneto. I cui componenti vengono apertamente accusati di responsabili della penuria di case disponibili per i residenti perché offerte ai turisti. Bed & breakfast e affittacamere hanno infatti portato avanti degli studi che dimostrano come oltre la metà degli appartamenti messi a disposizione dei turisti viene in realtà offerto proprio da albergatori. Ecco dunque il piano per un turismo trasparente. Da ascoltare.
 
 
 
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Chi fa i migliori affari con il comparto del turismo “mordi e fuggi” sono gli esercenti, cioè i gestori di pubblici esercizi come bar e ristoranti. Da oltre trent’anni a capo della loro potentissima associazione (Aepe), c’è Elio Dazzo, lui stesso albergatore oltreché possessore di locali e quote che rendono la sua rielezione una semplice formalità. Eppure Dazzo schiera a sorpresa l’Aepe a favore della regolamentazione degli ingressi e, con una serie di gustosi aneddoti storici e personali nota: Quando il turismo mordi e fuggi non esisteva a Venezia c’erano più bar. Un’altra sorpresa arriva dalla proposta dell’uso della tassa di soggiorno.
 
 
 
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Controcorrente. Questa è la migliore definizione di Giovanni Benzoni, uno dei fondatori del movimento dei Cristiani di base, ex presidente degli universitari cattolici italiani e soprattutto, per vent’anni, responsabile della Casa dell’ospitalità, che offre un tetto a chi ne è rimasto senza. Ospitalità a tutto tondo, quindi, nel quadro offerto da questo saggista (ha appena scritto tre interventi sulle politiche sociali ed economiche a Venezia) che non si risparmia nemmeno su un altro grande tema di scontro: le grandi navi e la portualità crocieristica.
 
 
 
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La musica, uno dei magneti che hanno portato in laguna gli appassionati sin dal Settecento. Roberto Gottipavero, direttore del Conservatorio "Benedetto Marcello" affronta il problema del mantenimento delle istituzioni culturali in città e offre una visione di quella parte d'economia cittadina che è e sarà sempre legata all'offerta culturale: insegnanti e allievi da venti nazioni che formano una residenzialità non legata alla stagionalità turistica implementando il cartellone degli eventi per i veneziani e i visitatori che cerchino di scoprire la città.
 
 
 
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Ripartire, cioè tornare a crescere. Ma perché le grandi comunità del passato hanno voluto un ateneo proprio per crescere? Qual è e, soprattutto, quale sarà il rapporto tra Venezia e la sua università? Ca' Foscari è la più grande amministrazione pubblica della città e, pochi lo sanno, una delle sue risorse economiche principali.  Ma l'importanza dell'Università cittadina è dimostrata anche da un altro fattore: là dove gli atenei si espandono i quartieri si rigenerano. L'esempio di Santa Marta e San Basilio, un tempo zone periferiche e degarate e ora poli pulsanti della città, è sotto gli occhi di tutti. La rettrice Tiziana Lippiello, prima donna a capo di un'università veneta ci racconta la ripartenza della città da un osservatorio davvero privilegiato fuori dal comune e ci spiega i programmi futuri.
 
 
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Torniamo a quello che viene percepito come problema principale dalla gran parte dela popolazione residente: il turismo di massa. Per cercare una proposta di ripartenza abbiamo interpellato chi degli spazi e della vivibilità ha fatto oggetto della sua stessa esistenza: l'Università IuaV, il vecchio Istituto universitario di architettura Venezia. Il rettore, Alberto Ferlenga, ci spiega come in realtà il flusso di turismo va mantenuto perché Venezia ha sempre avuto rapporti con il turismo e visitare un luogo è funzione di crescita collettiva. Ma propone una nuova visione della città: sviluppare una residenzialità nuova che sia in piena armonia con il tessuto urbano e gli garantisca una minore stagionalità, spalmando le visite su più mesi e anni. Per questo utile è favorire la residenzialità di studiosi e studenti, che oltre a vivere la città nel modo migliore possano interagire con il suo sviluppo costante. Accanto a questo una delle proposte è l'allargamento della visuale di visita: non solo il centro storico ma anche tanti altri luoghi, alcuni finora impensati.
 
 
 
 
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