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Maxi frode al Fisco la pm chiede al Riesame l’arresto di 7 indagati

San donà: il tribunale si è riservato la decisione

r.d.r.
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san donà

Lungo braccio di ferro tra Procura e difese, ieri, davanti al Tribunale del Riesame. L’inchiesta è quella della pubblico ministero Elisabetta Spigarelli che accusa 46 persone di un giro di false fatturazioni che avrebbero alimentato dieci anni di frodi fiscali ai danni dello Stato per 25 milioni di euro sottratti all’Erario. Per dieci degli indagati, la pm aveva chiesto l’arresto, che però il giudice per le indagini preliminari Luca Marini non aveva ritenuto di concedere, a fronte di reati fiscali contestati a persone sinora incensurate.

Punto, questo, impugnato in appello dalla pubblico ministero Spigarelli: a decidere se sottoporre a misura cautelare o meno alcuni d egli indagati è chiamato, così, il Tribunale del riesame presieduto da Licia Marino, che ieri sera non aveva ancora sciolto la propria riserva.

Nel frattempo - a fronte del fatto che tre indagati hanno risposto agli interrogatori - la pm Spigarelli ha ridotto a sette le richieste di misure: nei confronti di Michele Mazzon, considerato al vertice e organizzatore del (presunto) raggiro, e del fratello Stefano; del titolare dello studio professionale Deca Service Fabio De Carlo (studio a Treviso e residenza a Mareno di Piave); di Claudio Faggiani, rappresentante legale della Milena Sas con sede a San Michele a Tagliamento; del consulente fiscale leccese, Salvatore Mercurio; dell’amministratore delegato della ML International (ritenuta dalla Procura la società “fulcro”), il sandonatese Marcello Preite. Poi Giancarlo Busti: amministratore delegato di un’altra delle società satellite, la sole Verde servizi. Gli avvocati difensori Fogliata, Vianelli, Cancellier, Augiello, Civello hanno discusso per ore in difesa dei loro assistiti. «Sostanzialmente», osserva l’avvocato Renzo Fogliata, «abbiamo rilevato la mancanza di contestazioni specifiche e l’assenza totale di esigenze cautelari».

Il Tribunale del Riesame è già intervenuto nel caso, annullando l’ordinanza con la quale il gip Marini aveva invece concesso il sequestro di beni degli indagati per 25 milioni di euro. —





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