Ricoverata all’Angelo di Mestre, morì dopo l’intervento: Usl condannata a risarcire
Il giudice ha ritenuto che «nessun dubbio può esserci sulla sussistenza di un rilevante errore diagnostico-trattamentale e l’accertata correlazione di questo con il decesso della signora, con conseguente perdita del rapporto parentale con la figlia e il marito»
r.d.r.
VENEZIA. Usl 3 Serenissima condannata a risarcire 223 mila euro alla figlia di una signora 77enne di Marghera, entrata all’ospedale all’Angelo di Mestre con forti dolori all’addome e morta dopo mesi per una grave infezione. Fatti che risalgono all’ormai lontano 2011, ma arrivano a sentenza ora. Nei giorni scorsi, infatti, il giudice Giovanni Francesco Perilongo, del Tribunale civile di Venezia, ha posto un primo punto fermo a una dolorosa vicenda.
La storia ha avuto inizio nel febbraio del 2011, per concludersi tragicamente a luglio.
Così la ricostruiscono gli avvocati di parte civile Augusto Palese e Niccolò Bullo, che hanno rappresentato i familiari della donna. «Si è trattato di un caso di malasanità», raccontano in una nota, «nel febbraio del 2011 la vittima, accusando forti dolori all’addome accompagnati da nausea, si era recata al pronto soccorso dell’Ospedale all’Angelo di Mestre. Sottoposta ad approfonditi accertamenti, le veniva diagnosticata una colica alle vie biliari e i medici disposero il ricovero della signora, per meglio monitorarne le condizioni cliniche».
Gli esami convincono i medici a sottoporre la donna ad un intervento chirurgico, per asportare un piccolo polipo endocoledocico, risultato poi benigno. Ma la signora continua a star male e lamentare forti dolori alla pancia.
«A questo punto», proseguono i legali della famiglia, sentenza del Tribunale alla mano «veniva, quindi, eseguita una Tac con mezzo di contrasto, che rivelava una perforazione del duodeno provocata dall’operazione effettuata poco prima. Tuttavia, i sanitari, ritenendo si trattasse di una piccola lesione che si sarebbe chiusa e cicatrizzata autonomamente, decidevano di non intervenire». Così però non avvenne, spiegano Palese e Bullo: «Nei giorni successivi, la paziente, oltre a manifestare febbre settica costante per svariate giornate, accusava dolori sempre più forti cui seguivano l’infiammazione del pancreas e un’emorragia che colpiva la zona interessata dall’intervento chirurgico».
Siamo a marzo e la donna viene nuovamente portata in sala operatoria per un intervento di laparatomia: ma all’improvviso l’operazione viene annullata e l’anziana ricoverata prima in Lungodegenza, poi in Chirurgia. «Nel frattempo», concludono i due avvocati, «le condizioni andavano via via peggiorando finché, successivamente al trasferimento nel Reparto di Rianimazione, la paziente è morta il 27 luglio 2011».
La famiglia ha fatto causa e a distanza di dieci anni – durante i quali molto è cambiato nella sanità veneziana – perizie medico legali alla mano, il giudice ha ritenuto che «nessun dubbio può esserci sulla sussistenza di un rilevante errore diagnostico-trattamentale e l’accertata correlazione di questo con il decesso della signora, con conseguente perdita del rapporto parentale con la figlia e il marito».
Da qui la condanna dell’Usl al risarcimento, che sarà coperto dall’assicurazione, sempre che non si decida di ricorrere in appello. —
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