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Tamponi e test, il gran rifiuto dei pediatri veneziani

Solo una decina su 85 ha dato la disponibilità a effettuare il test. «Ambulatori piccoli e carenza di personale»

Laura Berlinghieri
1 minuto di lettura

VENEZIA. Degli 85 pediatri di libera scelta che operano in tutta la provincia di Venezia, solo una decina si è detto disponibile a eseguire i tamponi rapidi all’interno dei rispettivi ambulatori, rispondendo «Presente» alla “chiamata alle armi” del governatore Zaia.

Una “convocazione” che, a partire da un accordo nazionale, ha trovato cornice regionale con una recente ordinanza, che estende quanto già previsto per i medici di medicina generale, vale a dire l’onere di eseguire i tamponi rapidi sui contatti stretti, asintomatici, di positivi.

«Ma esclusivamente su di loro. Se un bambino presenta dei sintomi, la mamma non può portarlo dal pediatra perché sia sottoposto al tampone» precisa Vito Francesco D’Amanti, referente provinciale della Federazione italiana medici pediatri. «Ma poi, di cosa stiamo parlando, se la dotazione fornita a ciascun pediatria è di appena 20 tamponi?».

Il “gran rifiuto” dei pediatri ripete quello iniziale dei medici di medicina generale, che in massa si erano sfilati da quella che, all’inizio, era solo una possibilità, spiegando che alla base del loro «No» c’erano motivi molto concreti: la carenza di spazi sufficienti. E sono le stesse le ragioni dei pediatri, i cui rappresentanti nei prossimi giorni incontreranno i vertici delle due aziende sanitarie veneziane per individuare delle strutture esterne ai loro ambulatori, in cui eseguire i tamponi.

«I problemi sono tanti. Ambulatori non sufficientemente grandi, ad esempio. E poi la carenza di personale, tanto è vero che la decina di pediatri che finora si è detta disponibile a eseguire i tamponi all’interno degli ambulatori dispone di un infermiere. Ma si tratta di casi piuttosto rari» spiega D’Amanti. La commistione con gli altri pazienti si può facilmente risolvere distinguendo l’orario delle visite da quello dei tamponi.

«Ma dopo bisognerebbe comunque procedere con la sanificazione degli spazi» precisa D’Amanti. Come già sta avvenendo con i colleghi medici di base, anche i pediatri con situazioni di particolare fragilità (personale o familiare) saranno esentati dall'esecuzione dei tamponi, con la loro "quota" che sarà presa in carico dai colleghi. Ma, esattamente come per i colleghi medici di medicina generale, il problema principale rimane l’effettiva disponibilità dei tamponi.

«Tenendo conto che i contatti stretti di un positivo devono essere sottoposti a due tamponi, uno all’inizio e uno alla fine della quarantena, questo significa che ai pediatri sono forniti test per un massimo di dieci pazienti. È questo il vero problema» conclude D'Amanti. —



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