Chiusi tre caffè in Piazza San Marco, gli hotel spengono le luci
In Basilica solo 19 visitatori. Chioggia, Aurora e Todaro hanno accatastato sedie e tavolini. Il “deserto” del centro storico è sempre più evidente
Manuela Pivato
VENEZIA. Le sedie accatastate, i tavolini legati con la catena, gli ombrelloni chiusi. Piazza San Marco ripiomba nella vigilia del primo lockdown del marzo scorso, quando nell’incertezza generale qualcuno chiuse subito, qualcun altro aspettò, tutti sperarono e tutti ne uscirono con i conti a pezzi. Ieri di buon’ora hanno chiuso il caffè Aurora e il Chioggia; alle 13 li ha seguiti a ruota la gelateria Al Todaro, nel cui registratore di cassa, per l’intera mattinata, sono entrati ottanta euro, nemmeno in grado di coprire i costi.
La piazza
«Non avevo intenzione di chiudere, ma alla fine ho dovuto farlo», dice il titolare della gelateria e presidente dell’Associazione Piazza San Marco, Claudio Vernier. «La città è drammaticamente vuota, la Piazza è deserta e se i costi continuano a superare le entrate non ha senso restare aperti. Se nel fine settimana ci sarà il sole magari riapro per due o tre giorni». Ieri mattina, nella Basilica di San Marco, c’erano solo 19 turisti e il conta persone segnava 211 posti disponibili.
Gli hotel
Ancora aperti il Quadri, il Lavena e il Florian, che già ieri aveva ridotto il plateatico. Tutto dipenderà dal blocco tra le regioni che toglierebbe l’ultima possibilità di vedere arrivare qualche turista al di fuori del Veneto. Speranza sempre più remota, al punto che gli alberghi potrebbero decidere di chiudere in massa proprio in questi ore, alla luce del nuovo Dpcm. «Se chiudono le regioni, non abbiamo altra scelta» dice il direttore dell’Associazione veneziana albergatori, Claudio Scarpa. Nello scorso fine settimana, con una parte delle strutture ricettive che aveva già staccato il quadro elettrico e spento il riscaldamento, l’occupazione delle stanze non ha superato il 15 per cento, con prezzi stracciati. Ma qualche movimento ancora era permesso.
Gli aiuti
Ora la città respira la stessa aria cupa di marzo scorso, quando nell’arco di pochi giorni tutti gli alberghi chiusero, mandando in cassa integrazione i loro dipendenti. «Sottolineo la necessità di maggiori aiuti da parte dei Governo», dice ancora Scarpa, «soprattutto nelle città d’arte».
E anche La Fenice va in streaming. LEGGI ANCHE
—
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori