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Angelo sconfitto dal Coronavirus dopo un mese. Saldatore, una vita per il lavoro

Mestre: era stato ricoverato con la febbre e poi rimandato a casa in piena notte nonostante la badante fosse affetta da Covid

Marta Artico
1 minuto di lettura

MESTRE

Dotato di una simpatia fuori dal comune, lavoratore indefesso, buona forchetta come il figlio, appassionato di tutto ciò che si poteva saldare e lavorare. È mancato ieri all’Ospedale dell’Angelo dopo 29 giorni di lotta con il Covid, Angelo Scroccaro, 96 anni. Lascia i figli, Walter e Lauretta, a cui non ha mai smesso di pensare nemmeno un secondo durante il ricovero, i nipoti e i pronipoti, cui era attaccatissimo.

Angelo Scroccaro, nonostante la veneranda età, prima del Covid stava bene. La Gazzera era il suo quartiere, dove ha sempre abitato e dove viveva tuttora, prima con la moglie Maria Nalesso e quando la moglie è mancata, nel 2008, con la badante. Ma sempre circondato dall’affetto della sua grande famiglia, che non gli ha mai fatto mancare amore e cure. Memorabili i pranzi del figlio Walter, che quando si metteva in cucina per papà, non finiva più i piatti da fargli assaggiare.

Nella vita, ha lavorato moltissimo. Metalmeccanico ai tempi in cui il cuore dell’Ilva batteva nella città giardino e migliaia di persone lavoravano nelle fabbriche che hanno fatto la storia di Porto Marghera e dell’intero Nordest. Angelo Scroccaro, metalmeccanico e saldatore, ha lavorato all’Italsider e all’Ilva, con tutti i rischi noti alle cronache.

Lui, salute di ferro, lavoratore tutto d’un pezzo, una tempra d’acciaio come la professione che gli ha sempre dato soddisfazioni. Il lavoro gli era rimasto dentro. Tanto che il suo hobby, era legato alla sua professione. Il suo garage un’officina: saldava, lavorava il ferro battuto, aggiustava qualsiasi cosa per famiglia e amici. Aveva mani d’oro.

A inizio ottobre la febbre e la corsa in ospedale, dal quale è stato una prima volta dimesso e rimandato a casa di notte, nonostante anche la donna che gli faceva compagnia fosse affetta dal Covid.

Scoperto il coronavirus, grazie all’interessamento del medico di famiglia, il 6 ottobre il 118 è tornato a prenderlo per riportarlo all’ospedale di Mestre. La famiglia ha cercato di stargli vicino appesa – come chiunque abbia vissuto i mesi bui della scorsa primavera ben sa – alla voce dei medici che parlano ai familiari attraverso il telefono, dosando la speranza.

«Grazie all’umanità di infermieri e medici», racconta il figlio, «siamo riusciti anche a vederlo, facendo uno strappo alle regola». Ieri mattina si è spento all’Angelo, lasciando un grande vuoto in chi lo amava. «Ringrazio il mio medico di base che si è speso per noi», racconta il figlio «e ringrazio gli infermieri del reparto, che si erano affezionati a lui, che l’hanno trattato con affetto, consentendoci di salutarlo». —



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