Nella sera del nuovo inizio tutto l’amore per il cinema e per «la sublime Venezia»
Mostra del Cinema, la cerimonia inaugurale vibra e commuove con la passione di Foglietta la forza di Blanchett e il tributo di Swinton al «festival più maestoso della terra

VENEZIA. Senza baci e senza abbracci, al massimo una sfiorata di gomito qua e là, per la gioia di riconoscersi. Protetto dal muro, le mani umettate di gel, il tracciamento di ogni respiro, sfila il red carpet inaugurale della 77esima Mostra internazionale d’arte cinematografica, indimenticabile perché irripetibile non tanto e non solo per la tirannia del Covid, ma per la forza travolgente delle tre donne protagoniste della serata. Una dopo l’altra, la madrina Anna Foglietta, la presidente della Giuria Venezia 77 Cate Blanchett e il Leone doro alla carriera Tilda Swinton, afferrano il destino del cinema e lo rilanciano.
«Il cinema è il mio luogo felice, la mia vera madrepatria» dirà l’attrice dal palco nel suo discorso di ringraziamento. «Vedere un film a Venezia è pura gioia. Vorrei ringraziare la nostra sublime Venezia e il festival di cinema più venerabile e maestoso della terra per aver alzato la barriera quest’anno, per ricordarci che certe cose non vanno da nessuna parte. Il tappeto magico vola quieto e sempre sarà».
In fondo ai cento metri di moquette del Palazzo del Cinema il presidente della Biennale Roberto Cicutto, che ha voluto questa Mostra come la sua vita, e il direttore Alberto Barbera, sanno che la ripartenza del cinema è in questo festival che ha osato l’inaudito, forse sfidato il buon senso, sicuramente la paura, e che tutto si giocherà qui e ora.
«Il simbolo del fare»
Lo dice bene, come meglio non potrebbe, con il cuore sulle labbra, la madrina Anna Foglietta, in un abito Armani Privé, sul palco di una Sala Grande dimezzata, una poltrona sì e una no, nessun bisbiglio da un orecchio all’altro, nessun passaggio di mentine, come se ciascuno fosse lì per conto proprio. «uesta edizione del festival, che entrerà nella storia, può diventare un modello, la dimostrazione che si può e si deve ritornare a fare cultura in sicurezza» dice.
«Siamo ancora in un limbo, in una terra di mezzo, però siamo qui nuovamente a respirare, pur filtrata, la stessa aria. È come un fuoco che divampa e dice che siamo vivi nonostante il vortice che ci vuole trascinare verso il baratro; ed essere vivi significa essere umani. La più grande responsabilità di noi attori è trovare un linguaggio universale, occuparci del pianeta e non solo del nostro giardino, di tutti i bambini e non solo dei nostri figli: il valore di un essere umano è l’empatia. Ringrazio gli invisibili che lavorano per questo festival e abbraccio i medici, gli infermieri e i famigliari delle vittime del Covid. Il futuro non è ancora scritto. Questa volta dobbiamo costruire il mondo che verrà. Ogni essere umano dovrebbe avere il diritto di vedere Venezia almeno una volta nella vita».
In passerella, poco prima, sfilano le giurie al completo con Cate Blanchett, bellissima in un abito sbagliato, insieme a Matt Dillon, Veronika Franz, Joanna Hogg, Ludivine Sagnier, Nicola Lagioia, Christian Petzold. Posa davanti ai fotografi (distanziati) il cast del film “Lacci” di Daniele Lucchetti con Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Giovanna Mezzogiorno, Adriano Giannini, Linda Caridi.
Arriva il ministro ai Beni culturali Dario Franeschini, che dice: «Questo festival ha un significato globale. Significa che si può ritornare in sala”. In ordine solo apparentemente sparso passano i 518 invitati della Sala Grande, smoking e mascherina come la rapper Myss Keta; incede l’abito scultura in organza di seta dedicato a Venezia di Antonia Sautter, indossato da Beatrice Schiaffino.
S’intuiscono un drappello di sottosegretari e deputati, il sindaco Luigi Brugnaro, Francesco Rutelli, Maria Cristina Gribaudi, Toto Bergamo Rossi, Tiziana Rocca, Jo Squillo, Elodie momentaneamente senza mascherina con Marracash, Roberta Armani che ha vestito mezza passerella. Sandra Milo in abito da Settecento porta, insieme al giovane fidanzato Alessandro Rorato, un tocco di Carnevale.
Le note di Morricone
Quel che s’è perso fuori, ritorna in Sala Grande, grazie all’omaggio a Ennio Morricone con il figlio del maestro, Andrea, e la Roma Sinfonietta; grazie agli spezzoni di attori e registi di tutto il mondo montati come in “Nuovo cinema Paradiso” e, soprattutto, grazie alla forza incontenibile delle donne che impugnano il microfono come una spada. Chi aveva sfiorato la lacrima con Anna Foglietta, le sente brillare nuovamente con Cate Blanchett.
«Siamo qui, ce l’abbiamo fatta. Ritrovarmi insieme a tutti voi sembra una specie di miracolo» dice l’attrice. «Anche il cinema può essere miracoloso, guarendo ferite personali e sociali con una grande visione artistica che agisce sul nostro presente. Abbiamo vissuto in una bolla, ma mancava una componente vitale che ritroviamo qui questa sera. Estranei che si radunano al buio, pregustando un’esperienza collettiva. Il cinema prospera negli eventi, il suo potere è miracoloso. La via è incerta, ma una cosa è sicura: questa serata è un inizio».
Si uniscono i sette direttori artistici dei principali festival cinematografici europei, Thierry Fremaux di Cannes in testa (assente all’ultimo per impedimento personale Tricia Tuttle), Alberto Barbera che ringrazia l’ex presidente Paolo Baratta. Dopo anni di rivalità più o meno velata, salgono sul palco per leggere un documento in cui si ribadisce «il valore irrinunciabile del cinema».
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