Acqua termale sotto la città «Un pozzo artesiano dell’800»
Lo storico Barizza: «Ce n’erano alcuni utilizzati prima dell’arrivo dell’acquedotto» L’idea della società Antalgik è di utilizzarla per creare dei percorsi benessere
Mitia Chiarin
Curiosità e stupore per la notizia del progetto di ricerca di acqua termale in via Poerio da parte della società proprietaria del poliambulatorio di cure Antalgik.
Dallo studio dei geologi che hanno curato la relazione inviata in Regione per ottenere il permesso di ricerca nel pozzo profondo 106 metri trovato all’interno della proprietà del poliambulatorio, ampliato da due anni a questa parte, emerge che ci sono altri tre pozzi simili con profondità comparabili a quello dell’Antalgik presenti nel centro abitato di Mestre, a una distanza minima di almeno 380 metri. Ma i tecnici escludono effetti «cumulativi in termini di emungimento, in particolare se si considerano i contenuti fabbisogni idrici di previsione e le massime portate di esercizio». Una Mestre con acque profonde utili a fini termali, per la balneoterapia, è una novità. «Di una Mestre con acque termali non vi è traccia nei documenti storici ma è vero che nell’Ottocento, prima della costruzione dell’acquedotto, l’emungimento di acqua potabile avveniva attraverso pozzi artesiani, profondi. E spesso l’acqua sapeva di uova marce, indicatore della presenza evidentemente di zolfo. Io stesso ricordo una fontanella simile alla Paccagnella», ci spiega Sergio Barizza, ex direttore dell’Archivio storico comunale e storico che ha dedicato corposi volumi alla storia di Mestre e ai suoi misteri.
L’architetto Plinio Danieli, che ha seguito passo dopo passo la nascita del museo M9 nel distretto a fianco del poliambulatorio di cure Antalgik, commenta. «Le sonde geotermiche per la ricerca di acqua calda per i servizi del museo dovevano scendere a 110 metri ma ci siamo fermati a 106 per la presenza nel sottosuolo di una “bolla” di metano naturale, conseguenza forse della decomposizione di animali. Non mi aspettavo che ci fossero acque utilizzabili a fini termali», dice divertito l’architetto che oggi lavora con lo studio Sauerbruch e Hutton al progetto di albergo a cinque stelle all’ex Tim di via Pascoli. «Certo avere una sorta di spa vicino all’albergo ne aumenta l’appeal anche se l’utilizzo di quell’acqua ovviamente sarà tutto eventualmente a beneficio del centro Antalgik e della sua proprietà», spiega.
La scoperta del pozzo profondo 106 metri che contiene acqua con tracce di bicarbonato e Ph alcalino, utile nelle terapie termali, riaccende l’interesse anche storico sull’area a ridosso del chiostro seicentesco di via Poerio. Davanti scorre il Marzenego, per anni tombato e poi riaperto, che fa parte con l’Osellino del sistema di corsi d’acqua che circonda il centro cittadino, come una sorta di isola urbana.
Ma occorre anche ricordare che via Brenta Vecchia, a fianco del museo, porta questo nome perché qui anticamente scorreva un affluente del Brenta, poi scomparso con la cementificazione della città negli anni, difficili, dello sviluppo industriale di Porto Marghera. —
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