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Distanziati sui bus, nel Veneziano a piedi 7 mila studenti

Preoccupazione di Actv e Atvo se il premier Conte alla riapertura delle scuole imporrà una capienza massima del 60%

Laura Berlinghieri
2 minuti di lettura

VENEZIA

Sintetizzando, si potrebbe dire che il futuro di qualche decina di migliaia di studenti veneziani è legato all’esito del “braccio di ferro” tra Conte e Zaia sul nodo trasporti. Il primo ha appena firmato un nuovo Dpcm, ripristinando la regola del distanziamento interpersonale di un metro sugli autobus, con un riempimento che non dovrà mai superare il 60% della capienza massima. Mentre il governatore veneto, per ora, tira dritto per la sua strada, confermando la possibilità dei mezzi di viaggiare a pieno regime.

Poco male, ora. Sarà ben diverso dal 14 settembre, al rientro dei ragazzi a scuola. Perché, se il premier dovesse fare la voce grossa imponendosi sul governatore del Veneto, l’esito sarebbe un grattacapo dalla soluzione praticamente impossibile. Tradotto, se Conte dovesse avere ragione su Zaia, riducendo del 40% la capienza massima degli autobus, solo a Venezia rimarrebbero “a piedi” circa 7 mila degli oltre 15 mila studenti che frequentano le scuole tra terraferma e città d’acqua. Una cifra che sarebbe ulteriormente amplificata inprovincia, dove vivono i ragazzi che, più di tutti, sono abituati ad andare e tornare da scuola con i mezzi pubblici.

Una prima riunione tra Città metropolitana, Actv, Atvo, uffici scolastici regionale e provinciale, e dirigenti scolastici, ha avuto luogo a fine maggio. In quell’occasione le due aziende di trasporto hanno fornito ai presidi un indirizzo mail per comunicare gli orari di inizio e di conclusione delle lezioni dei rispettivi plessi. Già, perché un’altra questione riguarda l’ipotesi di ingresso scaglionato a scuola, per evitare gli assembramenti.

«Se si parla di una differenza di 10 o 15 minuti, possiamo ragionare insieme, ma non possiamo pensare di predisporre una linea e un autista dedicati alle singole scuole. La stagione invernale è lunga e non ci sono i soldi per programmi del genere. Confidiamo nella collaborazione dei dirigenti», spiega Fabio Turchetto, presidente di Atvo. Ma qualsiasi ragionamento, in questa fase, è superfluo, perché tutto dipende dall’esito della “partita” tra Stato e Regione. Anche per questo, giovedì, l’ennesimo tavolo regionale sui trasporti, alla presenza della direttrice dell’Ufficio scolastico regionale, Carmela Palumbo, si è concluso con un nulla di fatto e un nuovo appuntamento a data da destinarsi. «Ci aggiorneremo a fine mese, tutto dipende da cosa sarà deciso a Roma», conferma Saverio Centenaro, consigliere delegato metropolitano.

In ogni caso, a quella data bisognerà farsi trovare pronti. Per questo le parti stanno già studiando un ventaglio di soluzioni, pronte all’uso appena ottenuto il “via libera”. «L’importante è che i dirigenti non ragionino ognuno per sé, ma trovino soluzioni comuni» l’invito di Actv. Che prosegue con Centenaro: «Stiamo pensando a dei punti di raccolta per gli studenti in luoghi alternativi alle fermate attuali». A Padova, ad esempio, questi punti di raccolta corrispondono a quattro tra i poli scolastici principali della città, affinché i ragazzi non si ammassino sotto le pensiline aspettando l’autobus. «Ma cosa cambia se poi, a scuola, si ritrovano con altre mille persone?», si interroga Turchetto.

Per Atvo la situazione è probabilmente più delicata di quella di Actv: «Viviamo soprattutto di turismo, che in questi mesi è crollato. Il ripristino della capienza ridotta ci taglierebbe le gambe». Il ritorno a scuola è visto quindi come la prima boccata d’ossigeno per le due società. Parlando di Actv, delle sue 5.600 corse giornaliere, nei feriali, 500 sono dedicate agli studenti.

Dopo Ferragosto ci sarà un nuovo tavolo e la speranza delle due aziende è che Roma non punti i piedi. Se invece Conte dovesse bloccare Zaia, allora sarà necessario farsi venire una buona idea, che non dovrà coinvolgere i soli autobus di trasporto urbano ed extraurbano, ma anche gli scuolabus.

«Implementare la flotta? È impossibile», taglia corto Turchetto. «Intanto per mancanza di tempo: tra l’ordine e il recapito sono necessari tra i sei e gli otto mesi. E poi si tratta di servizi che derivano da gare, per le quali è stabilito a monte un numero ben preciso di chilometri da percorrere e di mezzi a disposizione. Qualsiasi servizio in più è un “extra”». E quindi servirebbe un nuovo bando. Già, ma con quali tempi? E, soprattutto, chi paga? —

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