Quando i Casalesi arrivavano da fuori, chiedevano a Donadio il permesso di agire
Maxi processo di Eraclea, in aula rieccheggiano le battute verso Mirco Mestre: «Fortuna che ci siamo stati noi terroni, se no col cavolo che diventatavi sindaco!»
Francesco Furlan
MESTRE. I soldi prestati a Luciano Martan, la visita a casa del broker Fabio Gaiatto assediato da decine di risparmiatori truffati, e quella frase definita «scherzosa» pronunciato da Luciano Donadio al neo-sindaco Mirco Mestre, di cui dice di essere stato testimone: «Fortuna che ci siamo stati noi terroni, se no col cavolo che diventatavi sindaco!».
Bernardino “Dino” Notarfrancesco non era certo uno dei personaggi più in vista del gruppo di Donadio, ma conosceva tutti quelli che ci giravano intorno, e conosceva bene le dinamiche del gruppo. Rapporti ed episodi che il marinaio, questo il suo soprannome, ha in parte ricostruito ieri in aula bunker a Mestre. Notarfrancesco, un po’ prestanome e un po’ guardiaspalle, ha parlato dal carcere di Lanciano (Abruzzo) dove è in arresto per i reati di appartenenza all’associazione mafiosa ed estorsione.
Le imputazioni a suo carico saranno affrontate nel processo con rito abbreviato, mentre ieri è stato sentito come teste nel maxi-processo sulla presenza dei Casalesi a Eraclea.
La soffiata sui controlli
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Roberto Terzo, Notarfrancesco ha spiegato il suo ruolo come amministratore-prestanome nelle società Enjoy e Plus Service dal 2016 in poi, le assunzioni fittizie, le fatture false e le retrocessioni di soldi attraverso carte bancarie prepagate. «L’amministratore ero io ma Donadio mi dava una mano per tutta la parte burocratica e con le banche. Io prendevo uno stipendio fisso di 1.300 euro», ha spiegato, «una somma che avevo concordato con Donadio».
Nel ricostruire il suo ruolo il marinaio ha anche raccontato un episodio che fa ben capire quali fossero le entrature di Donadio. Un giorno infatti Luciano lo informò che di lì a pochi giorni il capannone dell’Enjoy avrebbe ricevuto un controllo da parte dell’ispettorato del lavoro. E così fu, effettivamente, il giorno dopo. «Luciano ci disse di prepararci, di indossare i dispositivi di sicurezza e di far trovare in ordine il capannone», ha spiegato Notarfrancesco rispondendo ai pm.
Il sindaco Mestre
Parlando dell’ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre - a processo per voto di scambio - Notarfrancesco ha spiegato di sapere che era un avvocato. «Quando si è candidato Luciano Donadio mi ha detto che era una brava persona, che se poteva ci avrebbe aiutato», ha spiegato Notarfrancesco che poi, rispondendo poi alle domande dell’avvocato Emanuele Fragasso, difensore dell’ex sindaco, ha però aggiunto: «Luciano mi ha detto che era una brava persona ma non ha mai usato nessuna intimidazione per costringermi a votarlo». Fragasso lo ha sollecitato anche sull’esistenza dell’associazione criminale a Eraclea. «Non è mai esistita alcuna associazione mafiosa, sono solo fesserie».
Nel corso della testimonianza Notarfrancesco ha fatto riferimento anche a un prestito di 9 mila euro fatto a Luciano Maritan - per la cui tardiva restituzione poi intervenne lo stesso Donadio - e di un intervento per aiutare il broker Fabio Gaiatto in difficoltà con un centinaio di risparmiatori truffati che erano andati a protestare davanti a casa sua a Portogruaro. Ieri dovevano essere sentiti anche Giacomo Fabozzi, nipote di Donadio, e Francesco Verde. Entrambi però si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Arena collabora
Se per Notarfrancesco la presenza della mafia è una «fesseria», è Girolamo Arena - accusato di adesione all’associazione, ha scelto l’abbreviato e oggi sarà sentito come teste - a confermarla in un interrogatorio reso lo scorso 9 luglio. Sono almeno due gli episodi significativi raccontati da Arena circa il potere mafioso del clan di Donadio. Arena ha deciso di collaborare con la giustizia e racconta quel che sa.
«L’infamata»
Il primo episodio risale al 2013, quando Arena finisce in carcere per furto. Arena racconta che in quel periodo era arrabbiato con Donadio colpevole di averlo abbandonato in carcere commettendo quella che, nell’ambiente mafioso, è considerata un’infamata. Arena si aspettava protezione e aiuto economico. Che però non arrivarono, non subito. Fu necessario l’intervento di Bruno Loprete, cugino di Arena ed esponente della locale di Isola Capo Rizzuto.
Loprete scrive a Donadio ricordandogli i doveri che spettano a chi pretende di essere un esponente di primo piano, come si dice in gergo un mammasantissima. Dopo la lettera ricevuta da Loprete, Luciano Donadio cambia registro, cominciando ad aiutare Arena e sua moglie, scusandosi con loro ammettendo di non aver rispettato il suo ruolo e i suoi doveri. Dopo il chiarimento Arena, nel corso dell’interrogatorio, spiega di aver poi instaurato normali rapporti con Donadio, garantendogli la totale dedizione.
Il permesso di agire
Altro episodio significativo del potere criminale e mafioso e di Donadio risale alla fine del 2018, o nei primi giorni del 2019, Arena non ricorda la data precisa. In quei giorni arriva ad Eraclea un casalese appartenente a una famiglia diversa da quella di Donadio. Deve agire per il recupero di un credito di oltre mezzo milione di euro, frutto di attività illecita. E, riconoscendo in Donadio il referente dei Casalesi per il territorio, chiede il permesso di agire in modo autonomo oppure che sia lo stesso Donadio ad occuparsene. Come poi, secondo Arena, avverrà. —
I commenti dei lettori