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Truffa, coinvolto imprenditore di Quarto

Organizzazione frodava il fisco con fatture false per un traffico di pellet. Obbligo di firma per il 65enne veneziano

Enrico Ferro
1 minuto di lettura

PADOVA

Mezza vita a spargere terrore con la cosca di Balduccio Di Maggio e l’altra mezza a intascare soldi eludendoli al Fisco. Due realtà divise da un’esperienza da pentito di mafia che gli aveva consentito di cambiare terra e casa. Giuseppe La Rosa, palermitano, 56 anni, ex luogotenente del mandamento di San Giuseppe Jato, doveva ripartire dal Veneto. Ma nella regione locomotiva d’Italia è capitolato nuovamente, travolto dal crollo del suo impero costruito sulle fatture false.

Con lui franano altre 21 persone, tra cui la figlia, una schiera di faccendieri della Bassa padovana e un commercialista di Legnago iscritto a Fratelli d’Italia. Il terreno è sempre il solito, melmoso, del Veneto terra di conquista per la criminalità organizzata. E infatti Giuseppe La Rosa si era preso ben tre interdittive antimafia, due dal prefetto di ferro di Verona Salvatore Mulas e una a Padova. Nonostante questo non si è fermato.

L’operazione della Guardia di Finanza di Padova, diretta dalla Procura di Rovigo, è culminata ieri mattina in 51 perquisizioni tra Veneto, Piemonte, Lombardia, Trentino, Emilia, Toscana e Sicilia. Gli indagati sono 21, di cui sette destinatari di ordinanze di custodia cautelare. L’accusa è di associazione a delinquere dedita alla commissione di reati fiscali. «Giuseppe La Rosa finisce in carcere in quanto promotore di una organizzazione dedita a un traffico di pellet attraverso l’immissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti», spiega il colonnello Fabio Dametto, comandante provinciale delle Fiamme Gialle di Padova. Commercivava pellet e non pagava l’Iva, con un’aliquota passata dal 10 al 21%. Un cambio della normativa che aveva allargato ancora di più il margine di guadagno di La Rosa e delle sue aziende, a capo delle quali aveva messo una serie di prestanome.

Con lui lavorava la figlia Rossana (ai domiciliari), principale snodo dell’attività messa in piedi dal padre. Al commercialista Nicola Silvestrini (obbligo di firma con cadenza giornaliera) era stata affidata la gestione strategica degli stratagemmi contabili. Obbligo di firma anche per Danilo Sponchiado, 65 anni, di Quarto d’Altino; per Roberto Sponchiado, 36 anni, di Roncade (Treviso); Andrea Cesaro, 43 anni, di Borgo Veneto e Christian Pattis, 53 anni, di Bolzano. Tra i 21 indagati ci sono altri tre padovani: Giancarlo Miolato, 61 anni, di Casale di Scodosia; Mirko Guerra, 35 anni, di Montagnana e Alessandro Zanin, 46 anni, di Ponso.

Il meccanismo adottato per frodare l’Iva era quello dell’interposizione fittizia di un rilevante numero di società “cartiere”. Non versavano contributi e si arricchivano. Sui prezzi del pellet erano imbattibili e così drogavano il mercato, monopolizzando il flusso verso la grande distribuzione. —



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