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«Prezzi all’ingrosso più bassi dei costi di produzione»

G. MO.
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VENEZIA

Prezzi di vendita all’ingrosso sempre più giù, in molti casi addirittura inferiori al costo di produzione del prodotto.

È allarme per la tenuta dei redditi degli imprenditori agricoli, che vedono i loro già ridotti margini di guadagno diventare ancora più esigui. Se le organizzazioni dei consumatori lamentano una crescita dei prezzi di frutta e verdura nella grande distribuzione, gli agricoltori sono alle prese con prezzi all’ingrosso precipitati. Segno che, oltre ai consumatori, a essere danneggiati dai fenomeni speculativi sono anche gli agricoltori.

Qualche esempio? Il radicchio rosso di Chioggia, di cui è terminata da poco la raccolta, è stato pagato in media ai produttori tra gli 11 e i 15 centesimi al chilo. Mentre il costo di produzione si aggira sui 70 centesimi al chilo. Il prezzo all’ingrosso delle carote è crollato: nelle ultime settimane è stato di 20 o 25 centesimi al chilo. Mentre lo scorso anno i produttori riuscivano a piazzarle tra i 35 e i 50 centesimi a chilo. «Gli agricoltori restano fermi al palo, i prezzi non sono remunerativi», denunciano dalla Cia, «aggiungiamoci poi l’impatto del calo dei consumi legati alla mancanza del turismo».

Ma è allarme anche per la zootecnia. A iniziare dagli allevamenti di suini, per cui la Coldiretti denuncia «una forte e ingiustificata contrazione dei prezzi negli ultimi mesi, che nel caso dei capi destinati ai prosciutti sono scesi da quasi 1,80 a poco più di un euro al chilo. Mentre le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, hanno registrato dei rincari consistenti, fino al 26%».

Ma per la Coldiretti è l’intero patrimonio zootecnico a repentaglio, per una crisi strutturale: «Servono degli interventi mirati e urgenti perché siamo al punto di non ritorno. La forbice tra costi di produzione e prezzo di vendita è ridotta a pochi centesimi e spesso siamo ben al di sotto dei costi di produzione. Gli allevamenti di bovini, suini e conigli sono in sofferenza a causa di speculazioni, importazioni dall’estero, distorsioni della filiera, ma soprattutto la chiusura del canale Horeca durante la pandemia», dicono da Coldiretti. —

G. MO.

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