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Cosa ci insegna il caso della 3V Sigma e cosa è successo là dentro

Il rogo a Malcontenta e l'interrogativo sullo sfondo: cosa è oggi Porto Marghera? A caccia della chimica verde, oltre i proclami di comodo

Gianfranco Bettin
2 minuti di lettura

Si raccolgono i pesci morti, nell’acqua e sulle rive dei canali industriali. Si lascia la verdura e la frutta negli orti, comprese le preziose “castraure” di Sant’Erasmo, i primi prelibati germogli di carciofo, che rappresentano anche un piccolo impagabile settore dell’economia veneziana. Si analizza con inquietudine l’impatto dell’incendio chimico di venerdì sull’intero ecosistema e sulla salute dei residenti. Si trepida per le sorti dei due lavoratori ustionati in ospedale e, di fronte allo scheletro affumicato degli impianti, per il destino di quelli occupati nella 3V Sigma, andata a fuoco.

Che cosa è successo venerdì mattina in quella fabbrica? Come è possibile che, come hanno titolato tutti i giornali e i siti di informazione, sia “esplosa un’industria chimica” nel 2020?

È la prima cosa da appurare. A partire dalle reiterate denunce dei lavoratori e dei sindacati, che da tempo avevano presentato precise documentazioni sulle condizioni ritenute inadeguate e pericolose in cui dovevano lavorare.

Porto Marghera il giorno dopo, morìa di pesci nel canale Industriale Ovest

L’azienda non solo non ha accolto tali istanze, ma ha denunciato per diffamazione chi le sosteneva, compreso chi denunciava l’insufficienza del personale e degli stessi strumenti antiincendio.
Chi, poi, doveva vigilare, enti (come lo Spisal) e istituzioni, ha fatto tutto quello che poteva? Le indagini dovranno appurarlo, perché qualcuno dovrà infine assumersi la responsabilità di quanto è accaduto.

La seconda domanda, contestuale alla prima, è invece: cos’è oggi Porto Marghera? Quei pesci morti, la paura, il guasto disseminato nell’aria, nell’acqua e sulla terra, le ustioni, il fumo nero, le sirene d’allarme la cui eco perdura nella testa di tutta la città, rischiano di inchiodare la grande area portuale e industriale a un tempo che, se certo è ancora in parte questo nostro, per altri versi non lo è più, è un divenire i cui esiti dipendono totalmente da decisioni politiche, cioè da cosa decideremo di farne, come forze sociali ed economiche e come istituzioni, da come vorremo e sapremo orientarne la transizione in atto (in cui passato e presente si mischiano e preparano, insieme a ciò che decideremo, il futuro).

Ecco cosa resta della 3VSigma dopo il rogo di Marghera

In particolare, il comparto chimico, tuttora presente, ha bisogno di una strategia che ne reimposti in chiave innovativa la presenza produttiva. Forse solo la “bioraffineria” Eni e l’eco distretto Veritas hanno mosso dei passi in questa direzione, ancora parziali (e le preoccupazioni di cittadini e comitati per il progetto di nuovo inceneritore riflettono proprio il timore di tornare indietro), così come sarebbe promettente l’annuncio di Versalis di voler andare verso la “chimica verde”, passaggio comunque da troppo tempo rinviato.

Di contro, resta incompiuto il lavoro di bonifica dei terreni, mentre piccole aziende autonomizzatesi dal vecchio ciclo petrolchimico cercano una loro strada. La 3V Sigma è una di queste e colpisce che, se ha investito (anche giovandosi dei fondi destinati alle aree di “crisi complessa”), si trovi nelle condizioni e con le relazioni interne che abbiamo drammaticamente constatato.

Porto Marghera, i vecchi oggetti diventano design industriale

La recente approvazione della Zona Logistica Semplificata (Zls) rappresenta un passaggio importante, ma Marghera non può prescindere dal rilancio di una politica industriale su scala nazionale, che manca da decenni, perché i suoi settori forti (chimica e metalmeccanica, oltre al porto naturalmente) hanno bisogno di essere integrati in una strategia globale. C’è tutto questo, nell’incendio di venerdì mattina e il fumo nero non deve impedirci di vederlo.

Oltre, c’è ancora il futuro.

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