La protesta dei commercianti ed esercenti del Miranese. Chiavi ai sindaci
A Mirano e Spinea il gesto simbolico a mezzogiorno in punto dopo due mesi di mancati incassi. La categoria: "Non possiamo più aspettare"
Alessandro Ragazzo e Carlo Romeo
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Coronavirus, la protesta di commercianti ed esercenti del Miranese
MIRANO. "Non possiamo più aspettare”. Lo slogan lanciato da Confcommercio ha avuto il suo effetto e stamani, Festa del lavoro, centinaia di commercianti dei sette Comuni del Miranese sono scesi in centro per chiedere a gran voce di riaprire. Con loro anche i sindaci del comprensorio.
A mezzogiorno, come atto simbolico, hanno messo le chiavi del proprio negozio davanti a quelle serrande da troppo tempo abbassate. A Mirano, i negozianti hanno percorso l’ovale di piazza Martiri e hanno appoggiato il mazzo davanti alla porta del municipio. C’è chi teme di non aprire più; secondo i rappresentanti dell’associazione di categoria, al momento è difficile stimare quanti nel Miranese non riusciranno a cavarsela e si dovrà aspettare la fine dell’emergenza.
Anche a Spinea diverse decine di commercianti del centro hanno preso parte alla protesta. In piedi davanti ai propri negozi chiusi, in mano le chiavi delle attività e il cartello "Non possiamo più aspettare".
A raccogliere le loro preoccupazioni il sindaco Martina Vesnaver, che ha percorso via Roma fermandosi a scambiare qualche parola con i commercianti e a ricevere simbolicamente le chiavi dei negozi.
I commercianti chiedono al governo di poter riaprire, in sicurezza, quanto prima, ma anche di mantenere le promesse fatte a livelli di contributi ed eliminare i tributi per l’anno in corso. «Questa situazione si sta trasformando in rabbia e in rancore» spiega il presidente di Confcommercio del Miranese Ennio Gallo «e oggi vogliamo stimolare l’esecutivo e le forze politiche a venire incontro alle nostre esigenze». Non ci sono stati problemi di ordine pubblico e le distanze sono state rispettate.
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