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Coronavirus. Autocertificazione per duemila ditte che lavorano. Caos in Prefettura a Venezia

Tante le pec inviate agli uffici da parte delle filiere produttive. Zappalorto: «Ci vorrebbe un esercito per controllarle tutte»

Carlo Mion
2 minuti di lettura

Venezia

Sono duemila le piccole e medie aziende che hanno inviato alla Prefettura la Pec in cui comunicavano di dover lavorare per una filiera indispensabile, nonostante il Decreto contro il dilagare del coronavirus non le abbia inserite tra i codici Ateco. Quello che ne consegue è una mole di verifiche che la Prefettura deve svolgere per accertare se quanto auto dichiarato corrisponde al vero, La Prefettura è a rischio paralisi. Del resto il Decreto che individua il tipo di aziende essenziali per non far paralizzare il Paese, contempla ben pochi codici, un’ottantina, su oltre duecento che sono inseriti nel registro Ateco.

«Ci vorrebbe un esercito per far fronte in tempi ragionevoli alle segnalazioni presentate. Del resto le aziende che richiedono di poter continuare l’attività sono molte e i codici inseriti nel Decreto del Presidente del Consiglio, sono ben pochi rispetto a quelli che ci sono nel registro», spiega il prefetto Vittorio Zappalorto.

«Quando si parla di filiere è inevitabile che questo succeda. Secondo me 2000 aziende in provincia di Venezia, sono anche poche», spiega Michele Barison, funzionario della Cna di Mirano. «Senza colpevolizzare alcuno e senza voler polemizzare non poteva che accadere questo, quando dal venerdì alla domenica blocchi le attività produttive. Pensate che le aziende delle filiere autorizzate non hanno avuto il tempo necessario per caricare il magazzino dei pezzi utili alla produzione. Naturalmente il Governo doveva intervenire in tempi stretti e ciò non ha permesso di organizzare gli approvvigionamenti».

La procedura da seguire per poter lavorare non è complicata. Un’impresa che non è inserita nel Decreto e deve far intervenire dei proprie tecnici per la manutenzione, ad esempio, di un macchinario di un’altra azienda inserita nella filiera, invia una Pec alla Prefettura che ha il valore dell’autocertificazione. Con questa Pec spiega che i tecnici devono recarsi nella tal azienda, indica il motivo e il percorso e quando il tutto avverrà. Mentre se deve produrre degli oggetti o delle sostanze utili alla filiera deve comunicare, sempre con una Pec, il giorno della produzione, il tipo di prodotto e la ditta a cui è destinato il materiale.

Dalla Prefettura non si riceve nessuna risposta e questo sconcerta non poco gli imprenditori. «Ma è la prassi - continua Barison -. I controlli avvengono eventualmente dopo. Diversi nostri affiliati hanno subìto il controllo con gli agenti che li hanno seguiti fino al luogo dell’intervento. Del resto questo è il loro dovere».

In questo momento la Prefettura i controlli sulle banche dati insieme a Camera di Commercio e Guardia di Finanza. Mentre ai vigili del fuoco sono assegnati quelli sui cicli continui delle aziende che non sono inserite nella lista Ateco, ma non possono bloccare la produzione.

Anche se altri uffici collaborano ai controlli, la Prefettura è stata sommersa da un mare di carte. Inevitabile con Decreti e Decreti che si susseguono in continuazione. A peggiorare la situazione è stata poi la decisione del Governo di depenalizzare il reato che si incorreva quando venivi trovato fuori casa senza valido motivo. È stato trasformato in una sanzione che viene poi comunicata alla Prefettura. Mediamente a Venezia siamo sulla settantina al giorno per tutta la provincia. Sono tornate, dal Tribunale, in Prefettura anche quelle che inizialmente erano denunce e ora sono state trasformate in sanzioni amministrative. —

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