Rito abbreviato per Marin Zamuner: «Nessun patto»
L’ex presidente della Camera penale accusata dalla Procura di favoreggiamento Il carrozziere: ho fatto campagna per Mestre, ma senza promettere nulla
Francesco Furlan
La richiesta di rito abbreviato per l’avvocato Annamaria Marin, la discussione di figure di spicco dell’inchiesta come il carrozziere Emanuele Zamuner, l’imprenditore Claudio Casella e il commercialista Bruno di Corrado. Dopo l’udienza di ieri si avvia verso la conclusione la fase delle udienze preliminari che vede, nell’ambito dell’inchiesta sui Casalesi di Eraclea, 74 imputati dei quali 34 accusati di associazione di stampo mafioso.
Rito abbreviato
Ieri l’avvocato Tommaso Bortoluzzi ha formalizzato la richiesta di rito abbreviato per Annamaria Marin, l’avvocato ex presidente della Camera penale di Venezia accusata dalla procura di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa per aver passato informazione coperte da segreto d’ufficio a Luciano Donadio, di cui è stata per anni l’avvocato storico. Giovedì c’era stata qualche scaramuccia tra la difesa e i pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini per aver inserito nel capo di imputazione un paio di episodi già prescritti. Episodi inseriti, per Terzo, per chiarezza e completezza del quadro. A chiedere il rito abbreviato ieri sono stati anche gli avvocati Maria Bellodi per Amorino Zorzetto, accusato di bancarotta fraudolenta; e l’avvocato Paolo Luisa Vissat per Ennio Cescon, accusato di estorsione.
La difesa di Zamuner
«Ha fatto campagna elettorale per Mestre, ma non ha mai promesso nulla in cambio». Così, in sintesi, l’avvocato Federica Bassetto che difende il carrozziere Emanuele Zamuner, accusato di voto di scambio politico-mafioso. Secondo la procura sarebbe stato l’emissario del sindaco Mirco Mestre presso il boss Luciano Donadio. L’avvocato ha ricordato quanto ribadito da Zamuner negli interrogatori resi. Il carrozziere ha ammesso di aver fatto campagna elettorale per il candidato Mestre, poi eletto, distribuendo i “santini” elettorali anche a Donadio, ma senza promettere alcuna dazione in cambio. «Non ho mai avuto alcun incarico da Mestre per chiedere i voti a Donadio», aveva spiegato Zamuner davanti ai pm nei mesi scorsi. L’ipotesi della procura è che Donadio abbia fatto votare Mestre in cambio delle autorizzazioni per realizzare un impianto a biogas a Stretti di Eraclea. «Il supporto elettorale del sodalizio», aveva scritto la Gip Marta Paccagnella nell’ordinanza di custodia cautelare, «avrebbe dovuto trovare la prima importante contropartita economica nel sostegno dato dal neo sindaco ad una iniziativa economica del sodalizio mafioso». Per la difesa di Zamuner «mancano gli elementi costitutivi del reato perché non ci fu alcun accordo».
Le fatture false
Le fatture false sì, le ha ammesse, ma certo non sapeva che l’interlocutore davanti a lui fosse un boss dei Casalesi ad Eraclea. Questa la linea del consulente del lavoro Bruno Di Corrado, difeso dall’avvocato Giorgio Pietramala. A Bruno di Corrado, così come al figlio Angelo, viene contestata dalla procura la partecipazione all’associazione di stampo mafioso. I due sarebbe stati punti di riferimento della famiglia Donadio per le questione fiscali. Il ruolo di Di Corrado nell’associazione - scriveva il giudice Paccagnella nell’ordinanza di custodia cautelare - era «né occasionale e tanto meno marginale». Pietramala ha sostenuto che quello tra Donadio e Bruno Di Corrado fosse un normale rapporto tra cliente e consulente, senza la consapevolezza di quest’ultimo di trovarsi di fronte a un boss della mafia.
La vicenda Casella
Nel procedimento c’è anche l’ex carabiniere e poi imprenditore di Caorle Claudio Casella, molto “chiacchierato” proprio per i suoi rapporti con Donadio e alcuni affari immobiliari a Caorle. Dalla procura di Venezia è accusato di aver partecipato all’estorsione del broker Fabio Gaiatto, che doveva dei soldi ai Casalesi. Casella non compariva tra gli indagati citati nell’ordinanza di custodia cautelare, è stato raggiunto da avviso di garanzia solo lo scorso novembre. In un interrogatorio di luglio infatti il broker a sua volta a processo per una maxitruffa ha sostenuto che ci fosse anche Casella tra coloro che lo minacciarono per riavere indietro i 7 milioni investiti con lui e poi spariti. Il difensore, Igor Visentin, ha sostenuto la marginalità del ruolo di Casella e ha sottolineato la scarsa affidabilità di un personaggio come Gaiatto. —
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