Piazza San Marco, masegni distrutti dall’acqua alta
Le lastre di trachite divelte e danneggiate. Le pietre instabili e sempre più a rischio. Pronto un progetto da 30 milioni
Alberto Vitucci
VENEZIA. Emergenza masegni. Il degrado, la mancata manutenzione e adesso le ultime acque alte di una serie nera che sembra non finire mai hanno ridotto in questo modo la pavimentazione più famosa del mondo. La storica trachite euganea – oggi quasi scomparsa – risale in gran parte al XVIII secolo, poi in parte rifatta alla fine dell’Ottocento.
Il progetto di Andrea Tirali, grandi lastre grigie lavorate con decori in pietra d’Istria. Adesso i lastroni di trachite sono instabili. Alcuni sollevati, altri rotti e spezzati, in frammenti Un patrimonio mondiale che rischia di andare distrutto. Perché il degrado aumenta, e alcune parti delle pietre sono già scomparse. Non molti lo notano, più attenti ad ammirare la Basilica e le Procuratie, o i centimetri raggiunti dall’alta marea. Ma i danni delle acque alte - quasi quotidiane nel mese di novembre - non sono solo quelli visibili. Le murature impregnate di sale, le pietre che accelerano il loro degrado. Così per i masegni, simbolo della città. La condizione della pavimentazione di San marco è ormai oltre l’emergenza. I primi progetti per «riparare» le pietre danneggiate e mettere al riparo piazza San Marco dalle acque alte risalgono agli anni Novanta. Uno, firmato dai consulenti del Consorzio Venezia Nuova - tra loro anche l’attuale commissario Sblocca cantieri del Mose, Elisabetta Spitz - prevedeva di irrigidire la pavimentazione e isolarla dall’ingresso dell’acqua salsa. Poi si era proposta la grande guaina, sempre sotto i masegni. Con altri interventi, mai attuati. La precedenza - anche dei fondi a disposizione - era stata data al Mose.
Risultato, la Piazza è andata sotto da allora decine di migliaia di volte. Più ancora negli ultimi tempi, da quando la frequenza delle maree è aumentata, a causa della meteorologia e dell’aumento del livello medio del mare dovuto al riscaldamento del pianeta. Adesso un nuovo progetto è pronto a essere presentato alla Soprintendenza. Lo hanno messo a punto le società Thetis e Kostruttiva, con l’apporto di esperti dell’Università di Padova. Prevede di restaurare con cura le pietre danneggiate, di ripristinare i gatoli e gli scarichi di acque piovane, distinti alle acque nere. Poi di classificare le singole pietre che compongono il mosaico della pavimentazione della Piazza. E infine le mini barriere con pompe per evitare il «sormonto» dell’acqua. Difesa locale, utile per tutte le acque medio-alte per cui il Mose non entrerebbe in funzione. Opera delicata, perché si tratta di intervenire nel sottosuolo della piazza più bella del mondo per intercettare le acque. Interventi in parte già avviati qualche anno fa sul Molo di San Marco, ora rialzato fino alla quota di 110-115 centimetri, mezzo metro in più del punto più basso di San Marco, del nartece e dell’area davanti alla Basilica, dove è stata realizzata una difesa con pompe per acque fino a 88 centimetri.
Un’opera di restauro sempre più urgente, viste le condizioni della trachite. Rispetto ai 100 milioni del progetto originario, il «rialzo» e la messa all’asciutto di San Marco costerà molto meno: intorno ai 30 milioni di euro. Soldi che fanno parte dei finanziamenti per il Mose. Che è urgente però impegnare subito per salvare la Piazza. —
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