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Mafia a Eraclea e rischio scarcerazioni: sprint della giustizia

Corsa contro il tempo: richiesta di rinvio a giudizio per 76 indagati. Il 19 febbraio scadono i termini di custodia cautelare

Roberta De Rossi
2 minuti di lettura

ERACLEA. Sarà una corsa cotro il tempo, quella degli uffici del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia, per portare a processo i 76 indagati dell’inchiesta sulla presenza del clan dei casalesi a Eraclea, prima che il 19 febbraio scadano i termini di custodia cautelare.

Se non si arriverà a stabilire prima di allora una data per il processo, infatti, quel giorno, dopo un anno di custodia cautelare, usciranno dal carcere i vertici di quella che per la Procura di Venezia è stata una vera e propria associazione per delinquere di stampo mafioso, che sin dalla fine degli anni Novanta ha messo sotto scacco la vita economica del litorale veneziano con intimidazioni, estorsioni, vorticosi giri di false fatturazioni, sfruttamento della prostituzione, intermediazione illecita di manodopera, incendio, traffico di stupefacenti, detenzione di armi da guerra.

Per primo, così, uscirebbe dal carcere anche colui che, per la Procura, è il boss assoluto del sodalizio: Luciano Donadio, al vertice di un’associazione di stampo mafioso della quale avrebbero fatto parte 37 indagati, capillarmente organizzata, al punto che negli anni avrebbe anche condizionato le “competizioni elettorali al fine di ottenere relazioni privilegiate con gli amministratori pubblici e utilità indebite, condizionando le elezioni del sindaco di Eraclea del 2006 e del 2016, nonché l’elezione del sindaco di Caorle del 2016”.

La Procura di Venezia contesta, infatti, il concorso esterno all’associazione al vicesindaco Graziano Teso (ex sindaco, che si è sempre difeso negando ogni coinvolgimento) e l’accusa di “scambio elettorale politico-mafioso” all’ex sindaco Mirco Mestre, che si è dimesso nei mesi scorsi, pur continuando a professare la propria innocenza. Sul caso di Caorle, la competenza è della Procura di Pordenone.

Nei giorni scorsi i pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo, insieme al procuratore Bruno Cherchi, hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio, che è arrivata sul tavolo del giudice per le udienze preliminari Andrea Battistuzzi: una data certa per la maxi udienza preliminare ancora non c’è, ma tra gli avvocati degli indagati girava ieri la data dell’8 gennaio, subito dopo la pausa festiva.

Nel mezzo, un lavoro “monstre” per cancellerie e giudice durante le settimane natalizie, per riuscire a notificare la data dell’udienza preliminare non solo ai 76 indagati e ai loro avvocati, ma anche a decine e decine di parti civili.

In questi mesi, gran parte degli difensori ha manifestato l’intenzione di andare a processo, in aula, senza chiedere riti alternativi che, oltre a uno sconto di pena, accorcerebbero di molto i tempi di giudizio. Si annuncia così un processo imponente, destinato a impegnare a lungo il Collegio di giudici nell’aula bunker di Mestre. Una parte degli imputati potrebbe comunque chiedere il rito abbreviato: a questo punto, servirà applicare al caso un giudice del Tribunale, dal momento che tutti gli altri gip risultano incompatibili, essendosi occupati nel tempo di arresti e sequestri. —

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